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La Sirenetta al cinema: bufera, inclusività anche in fondo al mar

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Giorgio Carbone
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Domani esce in Italia (e nel resto d’Europa) l’ultimo kolossal Disney La sirenetta. Film evento. Un termine che usiamo sempre con qualche perplessità, ma che nel caso specifico è ad hoc. Per una serie di ragioni. È il nuovo ex cartone famoso della Disney che viene trasformato in film con attori (una politica che ha recentemente trasformato in live action, cartoni animati da sempre leggendari come Cenerentola e Re Leone. È anche il nuovo botto della mitragliata di grossi film che verranno distribuiti in sala da qui ad agosto ed è il primo prodotto Disney nella storia ormai secolare della casa che arriva alla programmazione accompagnato da feroci polemiche, da furibondi commenti sui social.

Una premessa che crediamo doverosa. Dopotutto dal cartone della Sirenetta sono passati 34 anni. E dalla favola (con annesso balletto) di Hans Christian Andersen, più di un secolo e mezzo. E la storia è pressoché sconosciuta per molti spettatori domenicali. La sirenetta è Ariel , una teenager con coda figlia di Tritone re del mare che un giorno si stufa della coda. Vuol essere una teenager normale e per questo chiede a una truculenta strega un paio di gambe. Motivo del cambiamento l’innamoramento per un principe bipede da lei salvato nel corso di una tempesta.

COLONNA SONORA
Il cartone del 1989 ebbe un grosso successo, fece incetta di Oscar e Golden Globe. Nessuna forza al mondo poteva impedire alla Disney di rifarlo con attori (ma tenendo la splendida colonna sonora, con pezzi come Under the sea e Kiss the girls), Ed ecco fatto. Regia di Rob Marshall (che per Disney ha già fatto un episodio dei Pirati dei Caraibi). Esterni (cioè riprese sopra e sotto il mare) in Costa Smeralda. Un cast di grossi nomi (Javier Bardem fa Tritone, il padre di Ariel, Melissa McCarthy la strega Ursula). E Ariel chi fa Ariel? E sull’attrice designata che s’è scatenato il pandemonio sui social. Nel cartone originale la sirenetta era una teenager biondo rossa con gli occhi chiari. I cartoonist del 1989 dissero all’epoca di essersi ispirati alla “Primavera” di Sandro Botticelli. Questa Ariel invece è nera.

La impersona l’attrice e cantante Halle Bailey, una che ha imparato a cantare Kiss the girls quando era bambina e spettatrice del cartone. La coincidenza è bella, ma non ha commosso molti denigratori (a priori) del film. Che hanno dato dei ruffiani, degli inseguitori di mode ai boss della Disney. Costoro si sono difesi. «Perché la Ariel di Andersen non deve essere nera? È ora di finirla con questo malcostume che dura da secoli di rappresentare i grandi personaggi biondi e cogli occhi azzurri. Gesù Cristo non era biondo, non poteva esserlo, era un palestinese, mica un anglosassone come l’hanno sempre rappresentato nella pittura e al cinema».

AVVERSARI
Gli avversari della Ariel nera però non hanno disarmato. È inutile, sostengono che la Disney si faccia portavoce del politicamente corretto. La Disney tira in realtà al mercato più vasto possibile, un mercato dove gli spettatori di pelle nera o gialla hanno più rilevanza rispetto ai vecchi tempi in cui i bianchi erano la stragrande maggioranza delle platee. E per rinforzare l’accusa di “ruffianaggine mercantile”, i denigratori hanno citato altre “malefatte” del genere. La principessa di Aladdin per 60 anni al cinema bianca come il latte è diventata nell’ultimo live action color cioccolato.

La cantante americana (ma nera) Brandy nel cast dell’ultima Cenerentola. E il cast di Mulan interamente composto di attori “gialli” (lontani i tempi in cui Gengis Kahn aveva i tratti di John Wayne) . La “ruffianaggine” non ha risparmiato nemmeno le tradizionali saghe nordiche (un’indiavolata commistione di razze in Il Signore degli Anelli - Gli anelli del potere). Qualche volta il cambiamento di razze ha lasciato perplessi persino i teorici beneficiari del cambiamento. In Egitto non hanno gradito la nera Adele James nell’ultimo film su Cleopatra. «Cleopatra era bianca, lo dicono tutti i libri di storia», hanno rimarcato. 

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