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Nicola Porro processato: ecco l'ordine filo-Putin dei giornalisti

Nicola Porro

Pietro Senaldi
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Noi di Libero, pluri-processati dall’Ordine dei Giornalisti, alla cui scienza umilmente ci inchiniamo, avevamo sempre sospettato che qualcuno dei nostri giudici avesse fatto un corso d’aggiornamento alla Pravda, o comunque la leggesse avidamente. Forse da oggi la pensa così anche Nicola Porro, che ha fatto sapere che l’augusto consesso lo chiama alla sbarra perché colpevole di avere intervistato una viceministra ucraina senza contraddittorio. Insomma, avrebbe dovuto esserci collegato anche un viceministro di Putin. Il conduttore di Quarta Repubblica, nonché vicedirettore del Giornale, persona piuttosto spiritosa, potrebbe difendersi argomentando di essere lui la voce filorussa in campo, essendosi sempre distinto dal coro della stampa unica, per la quale esistono un solo martire, Zelensky, e un unico assassino, il popolo russo.

In effetti Porro ha sempre raccontato questa guerra con lo spirito dell’analista e del cronista, occidentale certo e giustamente, ma mai fazioso a prescindere. Stavolta però Nicola non l’ha buttata sul ridere, anche se la vicenda è comica. Si è limitato a ricordare che nel giro di una settimana è stato massacrato sui social per non aver stretto la mano al leader ucraino a Porta a Porta cosa falsa - e poi è stato convocato a giudizio perché farebbe programmi sbilanciati a favore di Kiev. Conosciamo le giustificazioni dell’Ordine: le persone segnalano, noi processiamo; e poi, diciamocelo, stavolta Porro andrà assolto, sarebbe scandaloso il contrario. Una condanna esporrebbe il Consiglio all’accusa di essere fascista, perché per tale passa il comunista Putin da che il Pd di Letta ha sancito che è un disgraziato. Però non è vero che i giornalisti sono obbligati a processare i colleghi sulla base delle segnalazioni: farlo o archiviare, è una scelta. E quella convocazione, anche se seguita da un’assoluzione, resta comunque un’intimidazione.

Chissà se Giuseppe Brindisi, conduttore di Zona Bianca, è stato processato quando ha realizzato il suo scoop, l’intervista, guarda caso senza contraddittorio, al ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov. E chissà se è stato richiamato anche Massimo Giletti, allorché andò in trasferta al Cremlino e apparve sorridente a fianco del conduttore Vladimir Solovev, il megafono di Putin, uno che fa approfondimenti televisivi in cui chiede se è meglio squartare o impiccare i prigionieri e se è il caso di bombardare l’Italia perché dà supporto a Kiev. Noi riteniamo che, come con Porro, processare i due colleghi sarebbe stata un’aberrazione ma è evidente che, a questo punto, non averlo fatto significhi riconoscere più diritti ai russi che agli ucraini. La qual cosa rivela che Santoro non è isolato a fianco dello zar, ma nutre parecchi estimatori nella categoria. Oppure, più semplicemente, questa convocazione del Nicola nazionale è un indizio che la sinistra della Schlein non è quella di Letta e che perciò la guerra la fa dando un colpo al cerchio e uno alla botte, provando a far stare tutto insieme sotto la cappa del politicamente corretto, che è la sola strategia chiara che al momento la nuova segretaria sembra avere. 

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