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Massimo Ceccherini, "chi mi ha salvato la vita": veleno contro Maria De Filippi

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"Prima di morire voglio litigare con Leonardo Pieraccioni". Non è un "poeta maledetto", Massimo Ceccherini. Intervistato dal Corriere della Sera, l'attore toscano smentisce la definizione che aveva dato di lui l'amico regista, con cui ha raggiunto un successo mostruoso con Il ciclone a metà anni Novanta e con cui condivide un legame indissolubile fin da ragazzo, capace di superare i momenti bui che ne hanno contraddistinto la vita fuori dal set. Non è Piero Ciampi, insomma, e nemmeno Charles Bukowski: "Con lui ho in comune solo l'alcol", ammette Ceccherini con disarmante autoironia. 

 

 



Sempre al Corriere, Pieraccioni raccontando la loro amicizia con straordinaria dolcezza aveva ammesso di avergli chiesto di non andare al suo 50esimo compleanno temendo guai: "Mi ha pregato di non andare temendo che lo mettessi in imbarazzo con gli altri amici. Ero vittima della grappa, mi sdoppiavo e facevo casino. Lo capisco". A salvarlo un cagnolino trovatello regalatogli da un amico, Lucio, e sua moglie Elena: "Quando mi ubriacavo era impossibile tenermi. Lei mi picchiava e fermava la bestia dentro di me. Picchia oggi picchia domani, il colpo di fulmine lo ebbi una notte. Ora ha cambiato lavoro all'ospedale di Prato, ma all'epoca la vedevo al mattino che si preparava indossando la divisa, dietro c'era scritto misericordia. E mi sono detto: Dio è arrivato. Ho avvertito la sua presenza. Devi essere pronto ad agguantare l'aiuto". "Dalla bestia non si guarisce - aggiunge - , però riesco a tenerla legata. Ho bisogno quasi sempre della presenza di Elena. Sono stato in Africa sul set di Matteo Garrone e mi son fatto mettere WhatsApp per poter fare le videochiamate a Elena e Lucio, perché non potevo portare il cane nel deserto". 

 

 

 

A Pieraccioni deve l'esplosione della sua carriera, iniziata da giovanissimo: "Facevo cabaret con Alessandro Paci. Leo mi chiamò per un filmino amatoriale, io ero il santone che pregava in mezzo a un campo arato, lui mi guardava e ridevamo sotto un sole che picchiava. Rifacemmo quella scena trenta volte, presi l'insolazione. E' sempre andata così. Mi richiamò per I laureati, per andare al provino non avevo nemmeno i soldi per il taxi, me li diede mio padre. Poi arrivò Il ciclone, nessuno di noi immaginava che successo sarebbe stato. C'erano le ballerine protagoniste, ma io ero fidanzato e non potei fare niente". Proprio la scena iconica, con Ceccherini nella bara, se la porterà... nella tomba: "Quando morirò dovrò litigare con Pieraccioni, quella scena del Ciclone con la bara aperta, dove voglio morire se non mi porto a letto nemmeno una ballerina, mi ha marchiato a vita. Per colpa sua mi farò cremare".

A 57 anni resta un pesce fuor d'acqua nel mondo "ufficiale" del cinema. L'alcol, il carattere fumantino di suo (con la bestemmia che lo fece squalificare all'Isola dei famosi) ma anche una certa indole da uomo comune, lontano anni luce dal jet set romano: "Mi schifava il giro di quelli che in tv sembrano tanti preti. Ma Roma l'ho amata subito. Io nasco imbianchino col mio babbo, sai quando uno non è adatto, ecco". A casa oggi guarda Amici, con lo stesso sentimento: "Fanno cantare tre giovani disgraziati e non inventano nulla, usano belle canzoni, i giudici sulle poltroncine guadagnano un sacco di soldi, come gli autori. Gli unici che non guadagnano nulla sono i ragazzini da sbranare. Anche lì vedo tanti ghigni e occhi cattivi".

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