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Massimo Giletti: "La verità a cui l'Italia non è pronta"

Daniele Priori
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Tapiro d’oro per Giletti a ventiquattro ore esatte dal fulmine a ciel (quasi) sereno arrivato a chiudere all’impronta Non è l’arena. L’unica certezza in mezzo a un mare di smentite dietro le quali, già da ieri mattina presto, tra le sedi Rai di viale Mazzini e via Asiago, si sono trincerati dall’ex consigliere d’amministrazione Giampaolo Rossi al direttore di RaiRadio, Roberto Sergio. Nessuno ha visto Giletti. Al massimo c’era scappato un caffè, mesi fa.

Mentre non giocava affatto il procuratore antimafia di Firenze, Luca Tescaroli che, proprio indagando sulle stragi del 1993, ha ascoltato due volte Giletti, a dicembre e a febbraio, in merito alle interviste che Salvatore Baiardo rilasciò a Non è l’Arena. Come è noto, Baiardo già da novembre aveva paventato di un possibile arresto di Matteo Messina Denaro, parlando della malattia del boss e della possibilità che questi potesse consegnarsi. Al procuratore della Dda, Luca Tescaroli, Giletti avrebbe chiarito anche l’aspetto del cachet erogato a Baiardo per le partecipazioni: 10mila euro e 5mila euro. Lo stesso Baiardo, nelle ore a ridosso dello stop ufficiale de La7, ma sempre con profetico anticipo, aveva annunciatoche non sarebbe stato più ospite del programma.

VERSIONI OPPOSTE 
E se il conduttore piemontese, sempre ieri, prima di parlare con Striscia La Notizia, ci teneva a confermare, per rispetto sia verso la Rai sia verso a La7, di non aver realmente incontrato nessun direttore o funzionario della tv pubblica, a mettere un’altra pietra tombale ci pensava ancora una volta proprio l’editore di La7, Cairo. «Giletti in sei anni ha condotto 194 puntate di Non è l’Arena, dove ha potuto trattare in totale libertà tutti gli argomenti che ha voluto, inclusi quelli relativi alla mafia, con tutti gli ospiti che ha voluto invitare. Gli auguro di trovare la stessa libertà incondizionata nella sua prossima esperienza televisiva o di altro genere».

 

Amen. Una risposta piccata a Giletti che, approfittando proprio del microfono del tg satirico di Antonio Ricci, nel corso del pomeriggio si era potuto lasciare un po’ andare, miscelando l’amarezza con l’ironia. Ad aprire le danze il contrito Staffelli: «Non è che Fabio Fazio, che la fece mandare via dalla Rai...», dice l’inviato di Striscia, ipotizzando che il conduttore di Che Tempo che fa sia anche stavolta il mandante dell’allontanamento di Giletti. «E Fazio andrebbe a La7?» ribatte Giletti.«Neanche i Dumas padre e figlio potrebbero scrivere una sceneggiatura di questo tipo. Ma Cairo è più bravo ancora», insiste il conduttore che aggiunge, scherzosamente: «Magari vengo a Mediaset». «Bisogna chiedere a Cairo il perché mi abbiano mandato via, forse l’ha fatto perché sono juventino», continua a scherzare il giornalista. Fin quando Staffelli gli chiede se l’allontanamento si possa collegare con la discussa messa in onda dello speciale su Matteo Messina Denaro. «L’Italia non è ancora pronta ad ascoltare certe verità, fa più comodo tenerle nei cassetti», risponde Giletti quasi a confermare gli spifferi complottisti ventilati, ancora in mattinata, da alcuni dei giornalisti di Non è l’Arena.

 

SPUNTA INGROIA
Ieri è rispuntato anche l’ex pm palermitano Antonio Ingroia: «Secondo me si era spinto troppo in avanti rispetto a quello che si aspettava il suo editore. Credo proprio che, se non avesse fatto trasmissioni sulla mafia, Non è l'Arena non sarebbe stata chiusa. Sono sorpreso, io dovevo andare ospite da Giletti domenica prossima, avremmo parlato di mafia, della latitanza di Messina Denaro e dei rapporti tra massoneria e politica. Non è l'Arena è stata l’unica trasmissione che si è occupata tanto spesso di questi temi» concludeva l’ex magistrato. Frattanto da La7 (a proposito di satira) fanno sapere che domenica sera, al posto del programma di approfondimento soppresso, andrà in onda il film dal titolo Un colpo perfetto. Al massimo un po’ gobbo.

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