Marco Damilano, flop senza precedenti: Rai, perché rischia grosso
Venerdì santo di vera passione per RaiTre. Lo speciale di Marco Damilano Rotta Tunisia andato in onda in seconda serata ha infatti totalizzato solo il 2 % di share per un totale di 250mila telespettatori. Se la vecchia TeleKabul, insomma, nel giorno della rievocazione della morte di Gesù, voleva mettersi un po’ sulla scia delle tematiche care al Papa e ai cattolici, l’operazione si può ben dire, è andata completamente fallita. Altro che mossa del Cavallo (e della Torre) facendo il verso al programma di approfondimento curato e condotto proprio da Marco Damilano. La terza rete si è ritrovata, tristi dati auditel alla mano, mezzo punto di share dietro al canale Nove che con gli Accordi e Disaccordi della premiata ditta Travaglio-Scanzi.
Una vera e propria Caporetto, insomma, sulla rotta tunisina per Damilano. E se l’ironia non fosse troppo nera, potremmo parlare di un vero e proprio naufragio per una trasmissione che, c’è da dire, non ha mai veleggiato in buone acque. Soprattutto non è mai stata troppo amata dalle maestranze giornalistiche di casa Rai che continuano a rimproverare all’azienda l’eccessivo utilizzo di collaboratori esterni. C’è da aggiungere che la fascia di accesso alla prima serata in dote a Damilano gode dell’ottimo traino di Un posto al sole.
CAVALLI DI BATTAGLIA
Clamoroso e impietoso, in questo senso, proprio il confronto tra il Damilano 1, quello andato in onda anche venerdì sera nella canonica fascia oraria di cena che, grazie alla storica soap napoletana ha raggiunto comunque un ragguardevole 7,3% di share. Un punto sopra la Gruber e tre sopra la Palombelli in onda su Rete4. E il Damilano 2 con lo speciale tunisino che ha dirottato Rai3 su indici d’ascolto più vicini a quelli di una televisione locale. Tenendo anche conto del fatto che, proprio il terzo canale, è sede da sempre di programmi di approfondimento in seconda e terza serata che sono veri cavalli di battaglia. Qualcosa con Damilano, dunque, non funziona: è evidente. È da tempo, del resto, che per l’ex direttore de L’Espresso sono tempi sinistri. Ora qualcuno, giocando con l’aggettivo sinistro, potrebbe dire che il barbuto cronista, salito agli onori del grande pubblico grazie al record di presenze e resistenze nel ruolo di ospite delle maratone-monstre di Enrico Mentana, sinistro ci sia da una vita. Però, battute a parte, c’è da dire che la trasmissione del nostro, Il cavallo e la torre, scritta e costruita anche bene nel formato, lotta con qualche germe più o meno misterioso ma fortemente negativo che la porta a essere non così gradita a una fascia di pubblico che vada oltre l’oasi tradizionale dell’audience di Rai3, ovvero quel pubblico militante che ancora si scalda il cuore a vedere un conduttore dai tratti tardocomunisti, berciare contro il complotto della destra al potere che starebbe tramando per okkupare “manu militari” la Rai.
"De Benedetti prepara la manovra per la Schlein": indiscreto pesantissimo
GARBO SABAUDO
La storia, anche recente, politica e non solo, insegna però che sulle teorie dei complotti e sui teoremi si può campare per un po’ ma prima o poi si viene scoperti. Fuor di polemica sterile contro Damilano (che non abbiamo neppure voglia di animare, è Pasqua!), al quale anzi va riconosciuto tutto il garbo sabaudo nell’esposizione e la cortesia irpina che porta nel dna di famiglia, c’è da dire che è proprio il format dell’approfondimento a rallentare non da oggi. Servono voci, storie, protagonisti che troppe volte il circo dell’informazione non riesce o non si sforza di intercettare, convinto (specie quando ad animarlo ci sono grandi firme) che lasciare la strada vecchia per la nuova può essere più rischioso che conveniente. La nuova Rai, invece, al di là delle appartenenze o delle eventuali (e speriamo non richieste) tessere politiche, dovrà tentare proprio questa strada. Guardare alle forme e ai contenuti di RaiPlay, spesso esclusivi quanto innovativi, potrebbe essere un buon inizio. Aggiornando così il menù per tentare l’impresa (ad oggi quasi impossibile) di ampliare l’uditorio di un Damilano senza “posto al sole”.
"Perché De Benedetti mi ha cacciato": il clamoroso sfogo di Stefano Feltri