Steven Seagal lavora per Putin: "Insegna a menare", il retroscena
L'attore Steven Seagal insegnerà arti marziali ai soldati russi inviati sul fronte ucraino. Non è la trama dell'ennesimo film del Marine protagonista di “Trappola in alto mare”, ma una trovata della propaganda di Mosca. Nello scorso weekend, l’agenzia stampa di Stato Tass ha diffuso le immagini della cerimonia di apertura del Typhoon All-Russian Aikido Center di Mosca, durante la quale Seagal ha tagliato il nastro e tenuto un breve discorso annunciando il suo impegno nell’addestramento dei soldati russi. Gli ucraini ci sono andati a nozze: giovedì, il ministero della Difesa di Kiev, in un tweet, ha ridicolizzato tanto Seagal per il suo strano modo di correre (descritto come «quello di un bambino incontinente con spaghetti al posto delle braccia»), quanto e soprattutto le forze armate russe, apparentemente intenzionate ad avvalersi della consulenza, nel combattimento corpo a corpo, di un attore 71enne.
«Girano voci che lo stile di corsa di Seagal sarà parte dell’addestramento» ha ironizzato il ministero su Twitter, aggiungendo che «i soldati russi saranno ora in grado di scappare dalle loro posizioni al fronte con buffi movimenti delle mani». Seagal è noto per le sue simpatie filo-russe e per il rapporto di amicizia con il presidente Putin, che nel 2016 gli ha concesso la cittadinanza russa. E pochi giorni prima dell'apertura della sua palestra di arti marziali aveva pubblicamente accusato il governo degli Stati Uniti di spendere «miliardi di dollari in disinformazione e bugie» corrompendo i media americani al fine di «screditare, demoralizzare e distruggere la Russia».
Durante l’evento organizzato a Mosca dal Movimento internazionale dei russi, l’attore aveva arringato i presenti raccontando che «mio padre era russo e io sono cresciuto in una famiglia russa perché mia madre era completamente immersa in quella cultura non avendo i genitori. Di conseguenza, sono un milione per cento russofilo e un milione per cento russo». Un bel modo di ringraziare il Paese nel quale è nato (a Lansing, Michigan, nel 1952), nel quale ha avuto la possibilità di recitare in una cinquantina di film, dal quale ha avuto due delle quattro mogli (compresa la super-modella e attrice Kelly Le Brock) e dove sono nati quattro dei suoi sei figli.
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UN EBREO IN GIAPPONE
Seagal non mente ma di certo esagera quando dice di avere sangue russo, visto che il padre era figlio di immigrati ebrei russi che di cognome facevano Siegelman. Ma la sua è una storia che, almeno fino a poco tempo fa, si era divisa tutta tra Stati Uniti e Giappone. A cinque anni, con la famiglia si trasferì dal Michigan in California. Fu lì che, a 7 anni, iniziò a praticare l’aikido, arte marziale della quale è diventato cintura nera e che lo ha spinto, diciannovenne, a trasferirsi in Giappone, dove affinò la sua tecnica e conobbe la prima moglie.
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Tornato negli Usa nel 1983, aprì due palestre di aikido a Los Angeles prima di sfondare a Hollywood nel ruolo di Nicola Toscani, l’incorruttibile agente della Cia protagonista di “Nico”. Nella mecca del cinema Seagal entrò come un lampo in quel gruppo di action heroes del quale facevano parte Chuck Norris, Jean Claude Van Damme, Jackie Chan, Sonni Chiba. Girò altre pellicole di successo, come “Duro da uccidere”, “Giustizia a tutti i costi” e, soprattutto, “Trappola in alto mare”, che lo rese famoso in tutto il mondo. Tuttavia, dalla seconda metà degli anni Novanta il gusto del pubblico cambiò e la stella di Seagal si eclissò, anche se lui continuò a girare film, talvolta pure come regista e produttore, fino al 2019. Negli anni del “Me too” è stato coinvolto da accuse di molestie sessuali, uscendone indenne. Più difficile sarà riuscirci, a livello di immagine, dopo le pesantissime parole rivolte al suo Paese. Quando si dice sputare nel piatto in cui si è mangiato (per oltre trent’anni).
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