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Diodato, la confessione: "Gli anni folli dopo Sanremo"

Daniele Priori
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Non voleva fare un concept album, ma in realtà l’ha fatto. Diodato al centro, il vuoto attorno, riempito dalla musica chiamata a racchiudere tutte le altre presenze. Così speciale, titolo del disco uscito oggi in tutti i negozi e gli store digitali, è davvero il primo album a rappresentare senza paura la tetra atmosfera del lockdown. «Spero venga fuori tutta l’umanità che ho voluto racchiudere dentro». Un album che canta la solitudine e al tempo stesso il bisogno dell’altro. Che Diodato condensa in due struggenti canzoni d’amore come Ormai non c’eri che tu e Vieni a ridere di me, ultima delle dieci tracce che sono come istantanee di esteriorità e interiorità nel contempo che Diodato ci offre con semplicità e maestria; ora sottraendo ora aggiungendo voci e suoni racchiusi: quel tanto che basta a rendere percepibili echi bellissimi che uniscono la tradizione e la scrittura di Diodato, fortemente introspettiva, ai cori del gospel e agli arrangiamenti più tipici del brit pop e del brit rock.

 

 


 

Si sente l’ispirazione per questo tipo di musica.
«Sono cresciuto ascoltando quella musica e ultimamente sto ascoltando molta musica black. Sono felice che se ne risenta l’influenza».

Come nasce Così speciale?
«È il risultato di ciò che ho vissuto e ho visto in questi anni. Qualcosa che mi è passato addosso e dentro. Sguardi interiori che cercano di andare in profondità. Però c’è anche uno sguardo a tutto quello che mi circonda all’interno della società dalla quale mi piace essere contaminato.
Sentendo ciò che la gente ha da dire».

Come sono stati questi tre anni dopo la vittoria di Sanremo?
«Sono stati fuori dall’ordinario. Ricchi di spunti perché tutti noi siamo stati messi alla prova, chiamati a renderci conto di ciò che fosse davvero speciale. Anni pazzeschi che mi hanno dato un’esposizione incredibile. Perché poi si è fermato tutto e proprio per quel motivo il faro è rimasto puntato su di me, fino ad arrivare al culmine in cui ho cantato da solo nell’Arena di Verona. Per la prima volta ho avuto occasione di sentire quanto la mia musica fosse importante per gli altri. Non avrei mai immaginato di provare quelle sensazioni...».

Lei è l’unico artista che ha rotto con un album il silenzio artistico sulla chiusura dovuta alla pandemia. Da cosa deriva questa scelta?
«Uno degli errori più grandi che possiamo fare è rimuovere, far finta che non sia accaduto nulla. Così speciale è una canzone che ha dentro quelle immagini, mi sembrava folle non toccare quel tema. Però è anche un brano che porta una sensazione che provavo già prima della pandemia: non riuscire a stringere nelle mani ciò che passa, non vivere appieno la propria vita, sentirsi quasi un osservatore e molto spesso riconoscere le cose importanti solo quando si sono allontanate. Da parte mia nel dopo pandemia ho provato a riavvicinare più persone possibile e condividere al punto che sono arrivato a vivere quasi in una comune... (sorride, ndr)».

Ora tornerà a suonare in Europa. Cosa si aspetta da queste date?
«Mi godrò sicuramente l’atmosfera intima, più bella, il contatto ravvicinato col pubblico. Poi coglierò l’occasione per visitare bene Berlino che non conosco affatto. I tour servono anche a questo no?».

Restando all’estero. Ha in mente qualche collaborazione internazionale?
«Mi piacerebbe molto. Ho avuto degli incontri con degli artisti ma al momento non c’è nulla di programmato. Io sono per le collaborazioni vere tra persone che si conoscono davvero e artisticamente si stimano, motivo per cui forse ne faccio molto poche. C’è bisogno di tempo. Però spero accada».

Le piacerebbe tornare a Sanremo?
«Quest’album ha un respiro molto diverso dall’aria di Sanremo. Il Festival però è davvero casa mia. Amadeus poi mi ha sempre fatto sentire molto calore e la massima accoglienza possibile, lasciando una porta sempre aperta qualora volessi proporre qualcosa. Non metto nessun limite».

 

 

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