Francesca Fagnani, Giorgia Meloni? "Chi è oggi il premier"
Francesca Fagnani è la regina della tv 2.0. Fa un tipo di televisione che va decisamente oltre lo schermo del televisore. «Su TikTok abbiamo superato i 160 milioni di visualizzazioni», ci racconta. «Si immagini che l’altro giorno un ragazzo mi ha fermato dicendomi: guardo sempre le tue interviste su TikTok come se le trasmettessimo lì». Già, perché Belve, il format da lei stessa inventato, si è conquistato al tempo stesso la prima serata tradizionale di RaiDue, restando comunque nel cuore dei più giovani che ormai la tv la guardano sugli smartphone. Domani sera concluderà alla grande la terza stagione in Rai ospitando, tra gli altri, anche Ornella Vanoni, voce della storica sigla, L’appuntamento. Da dieci anni Francesca è la compagna del direttore del TgLa7, Enrico Mentana. Noi abbiamo scelto di non entrare nel privato. Ci ringrazia. «Finalmente! In questi anni mi sono chiesta mille volte perché i colleghi si sentissero di fare le domande sulla vita privata solo a me e non a lui. Poi parliamo della parità di genere... C’è una vera disparità di trattamento! Ora però stanno cominciando a farle anche a lui, segno che comincio a essere un po’ conosciuta anch’io» (scherza, ndr).
La correggo. Non è un po’ conosciuta ma una delle giornaliste più amate della tv italiana.
«Addirittura... Mi sembra troppo. Sono veramente meravigliata e grata dell’ondata di affetto che mi è arrivata con Belve e con la partecipazione al festival di Sanremo».
Lei ha un quaderno di appunti molto corposo. Lì sopra ci annota i segreti dell’intervista perfetta?
«Io studio come una matta. Sono una secchiona. Cerco tutto quello che riguarda la persona, chiamo chiunque e leggo tutte tutte tutte le dichiarazioni che l’ospite ha rilasciato dal primo vagito e poi mi costruisco l’intervista. Per mantenere sempre la stessa agenda, che conservo da anni come un feticcio, mi scrivo le cose al computer e poi mi faccio i ritagli».
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Ignazio La Russa è stato l’unico politico ospite. È stata una scelta o un caso?
«Apprezzo sempre quando i politici hanno coraggio di venire. Non tutti dicono di sì. Ho provato anche con molti altri che mi hanno detto di no. C’è stato Rocco Casalino che è un parapolitico. È stato anche lui coraggioso e molto simpatico. Raccontare lati più inediti e privati è anche un’operazione simpatizzante che mette il politico a contatto con aspetti che lo umanizzano e lo rendono più simile al telespettatore e in ultima analisi all’elettorato. Che poi quando si parla di privato siamo tutti più simili...».
La Meloni finora non ha fatto il bis.
«Nell’intervista del 2018 fu molto generosa. Molti mi telefonarono dicendo: non sapevo fosse così simpatica. Magari la Meloni tornasse».
È diventata davvero meno belva da premier?
«È arrivata attraversando strade complicate. Si è posta in un mondo molto maschile e maschilista qual è la politica, a destra come a sinistra. Ora, magari, ha meno bisogno di lottare ma deve agire su altri fronti che sono quelli meno personali, con la responsabilità del governo di una nazione sulle spalle però... Diciamo che è belva in altro modo».
La Schlein l’ha già classificata come belva?
«Ho provato a invitarla. Non ci siamo riusciti.
Mi auguro venga in una prossima edizione. Anche lì c’è stato un processo di affermazione personale in un partito come il Pd che è altrettanto maschile. Lei è partita da sfavorita. È stata una sorpresa per tutti e per questo la sua vittoria è da sottolineare. Adesso la vedremo e la giudicheremo dal suo operato. Intanto ci è arrivata».
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Ha mai pensato di intervistare Silvio Berlusconi?
«Sarebbe un’intervista divertentissima. È tra i più liberi nel parlare di se stesso dopo che su di lui si è detto di tutto e di più. Un suo ritratto mi piacerebbe moltissimo».
Si parla molto anche del suo look. Gli abiti che indossa in trasmissione sono comunicativi o li sceglie a caso?
«È un po’ come per le interviste. Non amo fiocchetti, cuoricini e stelline. Battute a parte, scelgo lo stile in cui mi sento più comoda e che mi sembra più consono con l’intervista».
Possiamo dire che Anna Oxa è stata la belva che ha risposto di meno alle sue domande?
«Per come è lei ha risposto tanto e non se n’è andata! La percezione di ogni ospite va confrontata con le sue abitudini precedenti. L’ho trovata anzi molto colloquiale e comunque è venuta laddove si era sottratta a tutti. Ognuno poi è come è. Ti dirò: apprezzo di più chi viene e fa se stesso più di chi prova a fare il simpatico a tutti i costi quando magari non lo è per niente».
Torniamo al festival di Sanremo. La Ferragni poteva starci tra le sue belve oppure no?
«In realtà non ho provato a invitarla, però mi piacerebbe molto. Ho sempre detto che belva per me è un complimento, un riconoscimento di determinazione di chi è arrivato o ha sbagliato sempre per meriti o colpe proprie, non da gregario. Chiara, piaccia o non piaccia, ha creato un impero e un linguaggio sul web. Sarebbe un’offesa a tutti quelli che la seguono non capirne la forza e il peso».
La pubblicità occulta di Instagram a Sanremo è stata una belvata o un danno erariale alla Rai?
«Generalmente non entro nelle vicende che non mi riguardano. Posso dire, però, che non ho visto nessunissima cattiva intenzione».
Negli anni ha fatto anche molto giornalismo d’inchiesta, indagando sulla criminalità organizzata a Roma. C’è stato qualche suo amico o familiare che ha provato a scoraggiarla perché troppo pericoloso?
«Mio padre sempre. Continua a chiedermi perché senta il bisogno di andare in quegli ambienti così pericolosi dopo aver studiato tanto (sorride). Io però continuo a fare questo lavoro. Adesso mi fermo un attimo per dedicarmi a due libri in uscita proprio sulla criminalità organizzata. È un’umanità dolente che va raccontata, anche perché influenza tantissimo l’economia delle nostre città e del nostro Paese».
Michele Santoro è stato uno dei suoi maestri. Un suo ritorno in tv con un suo spazio sarebbe possibile, auspicabile o fuori tempo?
«Per Michele lo spazio dovrebbe esserci sempre. Che si sia d’accordo o in totale disaccordo con lui, è sempre una voce fuori dal coro, autonoma, che a me ha insegnato ad avere un pensiero laterale. Dove tutti vanno da una parte lui dice ‘sì però...’. Ricordo riunioni fiume che erano dei flussi di coscienza in cui le cose venivano analizzate da tutti i punti di vista possibili, non solo da quelli più facili da percorrere. È un peccato privarci di uno spazio come quello che sarebbe di Michele Santoro. Tanto più che metà dei talk in onda attingono al linguaggio costruito da lui che è stato un grande innovatore televisivo».