Mare Fuori, il dettaglio che nessuno ha notato. E Saviano...
Mare Fuori, la fiction di Rai Due in onda il mercoledì in prima serata e giunta alla terza stagione stagione, è sempre più un successo. Lo svela il fatto che, a due puntate dalla fine, ne è stata già annunciata una quarta, grazie anche alla grande popolarità che va oltre gli ascolti. Come per esempio il fatto di aver deciso di lanciare la terza serie prima in Rete e poi sul piccolo schermo. Una scelta che denota che la storia, ideata da Cristiana Farina, ha un potenziale di attrazione che va oltre i soliti schemi di messa in onda. È stata, infatti, RaiPlay a “battezzare” questa stagione in corso che è arrivata poi su Rai Due soltanto due settimane dopo.
La fiction che racconta le vicissitudini di alcuni detenuti di un immaginario istituto penitenziario minorile di Napoli, liberamente ispirato al carcere di Nisida, ha superato le 105 milioni di visualizzazioni. A certificare che il programma ha “sfondato” anche la parodia di Fiorello a Viva Rai 2 che da qualche giorno ha anche deciso di sostituire la sigla con una imitazione molto divertente della fortunata serie.
PICCOLI CLAN
La storia è classica: nel carcere minorile si trovano nello stesso momento due ragazzi cosiddetti “buoni”. Devono “sopravvivere” in mezzo a piccoli clan con cui si trovano a contatto. Rivalità, amicizie, violenza, passione e storie d’amore completano un trattamento che è figlio anche, per esempio, dei ragazzi palermitani che Marco Risi portò sul grande schermo a fine anni 80, primi 90, con due film cult come Mery per sempre e Ragazzi fuori. Ma, ovviamente, l’ambientazione napoletana e il tema carcerario fa pensare anche a Gomorra, ma Mare Fuori è più un anti-Gomorra che una fiction ispirata alle famigerate gesta del clan Savastano.
A questi temi e alle dinamiche da guerre di camorra fuori dal carcere, si affiancano i personaggi maschili e femminili che hanno alle spalle vicende difficili e, nel più puro stile da fiction Rai, anche un po’ strappalacrime. In pratica sono tutti in carcere spesso per errori giudiziari e anche quando sono colpevoli, nella sceneggiatura si punta sull’impulsività, sull’animo buono e, soprattutto, sul fatto di essere segnati da condizioni di vita non facili. Inoltre ci sono tutte le caratteristiche “drammatiche” per creare interesse e curiosità nello spettatore. C’è chi ha picchiato il padre perché malmenava la madre, la ragazza incastrata da un fidanzato più grande che ha fatto inconsapevolmente da corriere della droga, o la ragazzina che spara al fidanzato perché lui, stalker, la riempiva di botte.
GENITORI ASSENTI
La maggior parte dei personaggi però cercano un riscatto, più che una vendetta. Non c’è la fascinazione del male di cui Gomorra è stato spesso accusato. I protagonisti sono quasi tutti di provenienza umile, con famiglie disfunzionali o proprio con genitori assenti del tutto. A parte il linguaggio che è spesso spinto sul dialetto napoletano, rispetto alla serie ispirata al libro di Roberto Saviano, ci sono storie di amicizie che a volte hanno la meglio sugli “obblighi” verso il clan di appartenenza. I ragazzi col passare delle puntate si dimostrano più combattuti interiormente. I “buoni” e i “cattivi” si mescolano col passare del tempo. A volte, si avvicinano pure. Incombe sempre il fatto che tutti vengono da un certo tipo di mondo ed è come se non potessero cambiare il loro destino. Gli autori insistono molto sulla volontà di “cambiamento” dei ragazzi, come se ancora il loro animo fosse “buono” e recuperabile. E, probabilmente, anche questo è il segreto di un successo che sta montando settimana dopo settimana.