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Putin premia "l'americano amico della Russia": imbarazzo a Hollywood

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C'è un americano, molto famoso, che Vladimir Putin considera così amico da voler premiare con cerimonia ufficiale. Steven Seagal, divo di Hollywood e icona del cinema "muscolare" a stelle e strisce tra anni Ottanta e Novanta, celebre anche per il look un po' trash (il mitico codino) e la relazione con la bellona da calendario Kelly Lebrock. A 70 anni suonati, da tempo sembra aver messo in secondo piano il cinema a favore di una bizzarra carriera diplomatica. Prima della guerra in Ucraina, era stato nominato inviato speciale della Russia negli Stati Uniti, una sorta di ambasciatore culturale. Incarico che già aveva creato un certo imbarazzo nel mondo vip americano, e pure nelle autorità. 

 

 

 

Ora, secondo quanto riportato dall'agenzia di stato russa Tass, molto vicina al Cremlino, l'attore sarebbe stato insignito addirittura dell'onoreficenza dell'Ordine dell'amicizia dal presidente Putin in persona, con decreto presidenziale, "per il contributo - si legge - dato allo sviluppo della cooperazione internazionale culturale e umanitaria".

 

 

 

 

Il nonno di Segal era russo e anche per questo, nel 2016, la star di Hollywood ha ottenuto la cittadinanza per poi venire nominato "rappresentante speciale" del Ministero degli Esteri per le relazioni umanitarie con gli Usa e con il Giappone, in quest'ultimo caso in virtù dei suoi trascorsi giovanili. Da ragazzo, infatti, il "cittadino del mondo" Steven aveva vissuto nel Paese nipponico per imparare l'arte marziale dell'Aikido, conseguendo la cintura nera di settimo dan e diventando responsabile di un centro di addestramento. Un'esperienza sportiva poi esportata sui set cinematografici, novello Bruce Lee, alla stregua di altri maestri acrobatici come Chuck Norris e Jean-Claude Van Damme

A pesare, poi, la vicinanza politica con Putin, verso cui non ha mai nascosto ammirazione umana e non solo. Qualche mese fa Seagal si era recato addirittura a Mosca per rendere omaggio e celebrare i soldati russi feriti in Ucraina, fatti prigionieri a Yelenovka e poi rientrati in patria. 

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