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Sanremo 2023? Se non sono solo canzonette oggi scatta l'ora delle Foibe

Pietro Senaldi
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La premessa è che avremmo preferito che il Festival di Sanremo avesse mantenuto la propria natura di varietà, una sfida canora dove il piatto forte sono gli artisti in gara che si sfidano nel loro mestiere con tutto il resto a fare da contorno. Un po’ come nell’edizione condotta da Claudio Baglioni, direttore artistico, con le vallette Pierfrancesco Favino e Paola Cortellesi. Dobbiamo constatare invece che da quando a dirigere il traffico c’è il bravissimo Amadeus la politica è diventata l’anima dello show, e questo è ancora più vero dopo che Fiorello, il quale almeno è spiritoso e sapeva sdrammatizzare, ha mollato la baracca.

Comunque questo passa il convento, e siccome sembra piacere, anche se gli ultimi ascolti disponibili fanno registrare quasi un milione di defezioni rispetto all’anno passato, non possiamo che adeguarci. Per questo ci facciamo latori di una proposta. Oggi, 10 febbraio, è il Giorno del Ricordo, la data destinata alla memoria delle vittime delle foibe, poco meno di ventimila italiani trucidati alla fine della Seconda Guerra Mondiale dalle truppe comuniste jugoslave, coadiuvate da alcune brigate partigiane italiane ancora più comuniste delle squadracce di tagliagola del generale Tito.

 

 

Per decenni questi nostri morti, tra i quali molte donne e molti bambini, quasi tutti civili non politicizzati, sono stati rimossi dalla coscienza collettiva della nostra Nazione. I comunisti di Togliatti avevano la coscienza sporca e i democristiani hanno fatto realpolitik. Dovevano nascondere il problema dei profughi istriani, trattati come bestie fasciste, martiri dell’accanimento dei compagni e dell’indifferenza dei degasperiani.

Fu il governo Berlusconi, grazie alla tenacia del parlamentare triestino di An Roberto Menia e del suo collega di partito, Ignazio La Russa, a tirare fuori lo scheletro dall’armadio della Prima Repubblica e rendere giustizia ai morti, ai deportati e alle loro famiglie. Poiché quest’anno Sanremo ha deciso di occuparsi di tutto, tra un inno ai gay, un’autoaccusa di razzismo, una Ferragni finta biotta che parla per le donne e suo marito che insulta il governo, un ricordo ai ragazzi giustiziati in Iran tralasciando che vengono impiccati in nome di Allah e un Mattarella spostato come un pedone degli scacchi per difendere sua maestà la Costituzione alla quale nessuno attenta, non sarebbe male che a questo giro trovasse uno spazietto anche per celebrare le foibe. So che la sinistra storcerebbe il naso, perché molti da quelle parti ancora preferiscono Togliatti e Tito ai martiri istriani, ma forse lo dobbiamo ai nostri ragazzi.

 

 


La novità di questa edizione è che si è abbassata di molto l’età di chi guarda il Festival e quindi sarebbe proprio la volta buona per fare una cosa giusta e non solo retorica. Fratelli d’Italia lo ha chiesto ufficialmente, Amadeus ha preso tempo, deve chiedere a chi ne ha sponsorizzato l’ingaggio, ha ricordato che tante sono le ricorrenze che capitano in questa settimana, salvo avere un’amnesia su quali altre siano, però non ha chiuso la porta. Conviene cogliere la palla al balzo, così magari la prossima generazione di giovani avrà meno deficienti di quella attuale, che a Roma imbratta i muri della Sapienza, che dovrebbe essere un’università, con la scritta assassina “nessun ricordo ai fascisti di ieri, nessuno spazio ai fascisti di oggi”.


NON SCOMODIAMO LA SEGRE
Non chiediamo di scomodare la senatrice a vita Lilliana Segre per un monologo sui martiri istriani, che farebbe finalmente capire all’Italia che le foibe sono state il nostro olocausto. Di provincia, aggiungo e sminuisco per non subire attacchi beceri. Però un pensierino, se non da Benigni, che si scomoda solo per le cose che contano, letto almeno da Teo Mammucari o comunque da qualche artista minore, naturalmente della scuderia di Lucio Presta, potrebbe bastare. Già, perché a questo giro abbiamo capito anche che, per fare politica a Sanremo, non bisogna più passare dalla Rai; non serve, l’unica cosa che conta è avere l’agente giusto. 

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