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Sanremo 2023, scusate il ritardo: i Cugini di campagna e un palco cercato da 50 anni

Luca Beatrice
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Questo non è un répechage ma proprio un esordio: con mezzo secolo di ritardo arrivano a Sanremo i Cugini di campagna che sul palco del Festival non avevano mai suonato nonostante il successo di Anima mia che nel 1973 fu il brano italiano più presente in hit parade e almeno un altro paio di 45 giri da ricordare (Un’altra donna, Meravigliosamente). Due di loro, i fratelli gemelli Ivano “Poppi” e Silvano Michetti, sono i componenti originari di questa strana band votata al glam pop, ai travestimenti circensi con tutine in lamé, ad acconciature cotonate e, soprattutto, all’irresistibile falsetto impostasi come cifra stilistica nel loro repertorio.

 

 

Anche se autori di prodotti commerciali o comunque non proprio impegnati, i Cugini di campagna appartengono a quel mondo del progressive pop che negli anni ’70 tenne in piedi la musica italiana con una cifra alternativa. Accanto a PFM, Banco, Orme, New Trolls c’erano anche loro, seppur snobbati dalla critica, e a dirla tutta al falsetto ci arrivarono prima dei New Trolls di Quella carezza della sera.

Vederli a Sanremo nel 2023 fa un po’ l’effetto delle storiche trasmissioni di Arbore, soprattutto perché i nostri non hanno rinunciato al look degli anni d’oro, di cui si sentono i depositari al punto da aver accusato i Maneskin, nelle settimane scorse, di averli copiati spudoratamente e dimostrando con tanto di foto che una tutina indossata da Damiano era proprio la stessa di un Cugino quando cantava Anima mia. All’Ariston sono arrivati con Lettera 22, per un momento si pensava alla macchina per scrivere Olivetti disegnata da Marcello Nizzoli e invece loro la fanno più semplice, è soltanto la lettera mancante nell’alfabeto italiano che ne conta 21, e sarebbe la migliore per dirsi ti amo.

 

 

Alla prima serata del Festival sono tornati tra gli ospiti anche i Pooh, che Sanremo lo vinsero con Uomini soli nel 1990, con l’aggiunta di Riccardo Fogli che abbandonò il gruppo al culmine del successo. È forse l’antipasto di una reunion dopo la morte del batterista Stefano D’Orazio, o anche soltanto la voglia di dire ancora qualcosa nella nostra musica. Sono stati un gruppo meraviglioso ed emozionante in un frangente storico dove l’asticella qualitativa era davvero alta e il confronto con le proposte inglesi davvero stimolante. In Italia c’è stata un’eccellente stagione progressive e pur tra le evidenti differenze Cugini di campagna e Pooh appartengono alla fortunata filiera barocca. Vero è che negli anni ’70 a Sanremo non ci voleva andare nessuno, ci tornano adesso le band di allora portando la testimonianza un po’ nostalgica di un tempo che, sonicamente parlando, ci manca.

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