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Salto, chiude la tv per soli neri: la storia di un clamoroso fallimento

Mauro Zanon
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Anche la Francia ha la sua ItsArt. Doveva essere «la risposta francese a Netflix», la piattaforma streaming con contenuti made in France che avrebbe schiacciato la concorrenza dei mastodonti americani, e invece Salto sta già per “saltare”, chiudendo definitivamente i battenti dopo appena due annidi esistenza. Secondo quanto anticipato due settimane fa dal Figaro, e confermato venerdì dal Point, la liquidazione della tanto decantata “Netflix francese” è ormai imminente, in ragione delle perdite finanziarie troppo elevate (stando alle informazioni del quotidiano economico Les Echos, il buco sarebbe di oltre 200 milioni di euro) e dello scarso numero di abbonati (800mila, a fronte dei 2 milioni che erano stati annunciati come obiettivo mini mo per non fare affondare la nave), ma anche per colpa dall’offerta considerata manifestamente inadeguata dagli spettatori. «A poco più di due anni dal lancio, il gruppo audiovisivo pubblico France Télévisions decreta la cessazione delle attività di Salto. Netflix, che doveva tremare, sta ridendo a crepapelle. E ad ogni modo quanto è costata ai contribuenti questa farsa?», ha commentato su Twitter l’animatore tv Eric Morillot.

 

 

Il flop clamoroso di Salto, finanziata da France Télévisions, ossia la Rai francese, da Tf1 e M6, ha un nome e cognome: Délphine Ernotte. Presidente di France Télévisions dal 2015, la Ernotte, col sostegno politico dell’ex ministra della Cultura Françoise Nyssen (la Dario Franceschini francese) è stata il principale sponsor di Salto come arma anti-Netlifx, Amazon Prime e Disney Plus, convinta che i suoi concittadini si sarebbero abbonati per vedere anche in streaming le solite brodaglie in salsa woke sul multiculturalismo e sugli splendori della “diversité” che vanno di moda nel cinema francese contemporaneo. La Ernotte voleva applicare a Salto la stessa filosofia applicata a France 2, France 3, France Info e a tutti i canali del gruppo da quando ne ha assunto le redini.

 

«Ci sono troppi uomini bianchi over 50, la situazione deve cambiare», disse poco dopo la nomina al vertice di France Télévisions, spiegando che la tv del futuro doveva valorizzare le minoranze etniche, a discapito dei bianchi, ormai superati. Ma la maggior parte dei francesi, decidendo di non abbonarsi a Salto, ha espresso la sua ostilità all’ideologia veicolata dalla Ernotte e da tutti quei dirigenti progressisti che utilizzano il settore audiovisivo come strumento di indottrinamento.

A mangiarsi le mani sono soprattutto gli altri due azionisti, i gruppi privati Tf1 e M6, trascinati in un progetto che si è rivelato catastrofico. Alcuni, negli ultimi giorni, hanno evocato un interesse per Salto da parte della società spagnola Agile: interesse che Puremedias.com ha rapidamente smentito. Come sottolineato dal Figaro, tutti i tentativi di creare una piattaforma streaming francese, con film e serie nazionali, sono finiti nel peggiore dei modi. BrutX, versione a pagamento del popolare sito di reportage e interviste, è durata poco più di un anno (dall’aprile 2021 all’autunno del 2022). Ocs, il servizio di streaming a pagamento di Orange (ex France Télécom), entrerà a breve nel girone di Canal Plus di Vincent Bolloré per continuare a sopravvivere (nonostante i 3 milioni di abbonati, la società non è mai stata in attivo). Canalplay, unico attore francese dello streaming prima di Salto, contava 800mila abbonati nel 2014. Quattro anni dopo, il numero era sceso a 200mila e ora non esiste più. Per Le Figaro è «una maledizione». 

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