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Ornella Vanoni, il sesso con le donne e lo sceicco: "Il giorno dopo..."

Roberto Tortora
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Quando in Italia si parla di musica, di donne, di icone e di stile, il primo nome a cui si pensa in modo imprescindibile è il suo: Ornella Vanoni. Cantante, attrice, artista poliedrica e tra le più longeve, conosciuta da tutti come “La Signora della canzone italiana”, è anche conosciuta per la sua schiettezza e per il suo modo, mai banale, di esprimere le proprie idee. La Vanoni si è raccontata in un’intervista pubblicata dal Corriere della Sera, svelando segreti e passioni. Compresi alcuni dettagli “piccanti”.

“Il sesso conta moltissimo, ma deve essere fatto bene – sostiene la Vanoni - sennò diventa triste. La cosa più strana? A Montecarlo sono stata a letto con uno sceicco e il giorno dopo gli ho mandato fiori. E lui nulla, nemmeno un diamante, per questo trovo l’aneddoto spiritoso”. La cantante milanese, poi, non ha disdegnato di aver a lungo apprezzato anche l’altro sesso: “Non ti piace la donna, ma la persona. Ci sono donne che hanno un’attrattiva. Se ho consumato quest’attrazione? – prosegue la cantante – beh, semi-consumata: le donne sono sempre più tra di loro. Siamo libere, ma paghiamo un prezzo alto. La solitudine: io sono una donna sola, ma per scelta. Del mio corpo ho sempre apprezzato il bel sedere e una bella schiena. E poi i piedi”.

 

 

 

 

Dal sesso all’amore, nel senso più spirituale, Ornella Vanoni di storie importanti ne ha avute e tra le più celebri c’è sicuramente quella con Gino Paoli: “Ai miei non piaceva, mia mamma diceva che era un cesso. Mi dissero anche che era gay. E a lui che ero lesbica. Il periodo più malinconico è stato quando sono andata via da Gino. E l’ultima storia”. È, però, anche il suo primo amore ad aver rappresentato una delle storie più iconiche d’Italia, cioè quella con il regista teatrale Giorgio Strehler, conosciuto quand’era ancora un’adolescente: “Avevo 15 anni, a Santa Margherita Ligure. Lui era seduto al bar, era bellissimo: era l’amante di un’amica di mia mamma. Lei, mia mamma – continua la Vanoni - non voleva comperarmi dei pantaloni gialli. Giorgio era accanto a lei e disse: “Ma faccia questo regalo alla bambina”. Poi ci siamo incontrati di nuovo al Piccolo, agli esami di ammissione. Ero l’ultima della fila. Una voce di donna ha detto: “Qui c’è qualcosa di interessante”. Era Sarah Ferrati, mi ha vista per prima. Mi sono sfidata alla morte per vincere l’ansia. La verità è che mi ha cambiata Giorgio: si è innamorato di me, mi ha dato dei libri e parlato della vita”.

Nonostante i suoi grandi amori e un figlio avuto quando aveva 26 anni, Ornella Vanoni non ha mai “messo su famiglia”, nel senso più tradizionale dell’espressione e spiega il perché: “Non ho trovato l’uomo giusto. Tornando indietro lo cercherei con dei figli, così si fa un bel casino insieme. Avevo 26 anni quando è nato Cristiano: come spieghi a un bambino che la mamma parte per lavoro e non va a divertirsi? Pensava che preferissi un mondo rutilante a lui abbiamo ricostruito un rapporto critico. Oggi sono felice se mio figlio è felice”.

Una digressione, poi, sulla sua fanciullezza, sempre senza peli sulla lingua: “Nasco ricca e annoiata: stavo spesso nella mia stanza. Pensavo a quei fratelli e sorelle che crescono insieme e si tirano le cuscinate: forse è nata allora la mia malinconia. Depressione? No, Strehler - racconta sempre la cantante - mi diceva che avevo i nervi fragili. Ma non ho mai pensato al suicidio: ero come quelle donne spettinate dei quadri antichi, sempre a un passo dalla follia”.

 

 

 

 

Non manca uno sguardo al futuro e alle sue potenziali eredi: “Ce ne sono di brave: Elisa, Giorgia, Emma. Ma devono tirare fuori l’emozione. Tra i colleghi maschi, invece, Marracash. Mi parlava di Elodie, ma aveva bisogno di una donna accudente. Tutti gli uomini ce l’hanno: sono lavati, stirati e coccolati dalle mogli”.

C’è spazio, e non potrebbe essere altrimenti, per la sua Milano, amata e odiata: “A Milano non si aggiunge un posto a tavola se non è previsto. A Roma sono più rilassati, anche se cinici. E c’è differenza tra ironia e sarcasmo Non trovo giusto che Milano non mi riconosca nulla. A Carnevale in città sfilano tre maschere: quella di Berlusconi, del cardinal Martini e la mia. Dovrò rappresentare o no qualcosa per la città? Da morta daranno il mio nome a una via: non mi interessa. Vorrei occuparmi da viva di un teatro, come Renato Pozzetto, che è coinvolto nel Lirico. Oppure occuparmi delle carceri: a Bollate c’è un gruppo di detenuti che vorrebbe cantare. Se mi piace Milano? – chiude la Vanoni - No, è isterica. Per viverci bisogna essere dei nababbi”. Chiusura, inevitabile vista l’imminenza dell’evento, sul Festival di Sanremo e anche qui Ornella Vanoni dà la sua sentenza: “Una cosa orribile la gara. Bello andarci da ospite”.

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