Cerca
Cerca
+

Tg1, la rivoluzione dopo la cacciata dei grillini: con Maggioni e Giorgino... clamoroso in Rai

Esplora:

Gianluca Veneziani
  • a
  • a
  • a

Vi siete accorti anche voi che il nuovo Tg1 sembra una versione tricolore della BBC o della CNN? Cosa diavolo sarà successo mai alla testata ammiraglia della Rai? È subentrata una variante anglofona a contagiare la redazione al buon giornalismo? Il servizio pubblico è stato forse commissariato da Boris Johnson e Joe Biden? No, molto più semplicemente, sono cambiati i vertici. Da quando alla guida del Tg1 c'è Monica Maggioni e vicedirettore è Francesco Giorgino è stato rivoluzionato il modo di concepire il notiziario: sono scomparsi gli odiosi pastoni, cioè quelle inutili macedonie di dichiarazioni politiche buone solo a dar visibilità a questo e a quel partitino, si è ridotta l'onnipresenza di Luigi Di Maio e soci che aveva portato qualcuno a definire il tg della vecchia gestione Giggi 1 e si è dato molto più spazio agli Esteri.

 

NOTIZIE DA OLTRECONFINE - Solo nell'edizione delle 13.30 del 4 gennaio, per fare un esempio, c'erano servizi in serie da Bruxelles, Germania, Francia e uno doppio dagli Usa; ancora meglio, in quella delle 20 del 3 gennaio circa un terzo del tg era dedicato a notizie da oltreconfine con sei servizi di fila: da Bruxelles, dal Sudafrica, dove c'era stato un incendio al Parlamento, da Israele, con approfondimento sull'Iran e l'anniversario della morte di Soleimani, dalla Turchia sulla questione della svalutazione della lira turca e dagli Stati Uniti. Ancora, l'edizione delle 20 del 5 gennaio era occupata quasi per metà da notizie estere: ecco il doppio collegamento con Pechino per l'aggiornamento sulla vicenda australiana di Djokovic, quindi con Parigi, Londra, Città del Capo, Mosca per l'analisi della situazione in Kazakistan e infine New York. Uno sguardo così ampio e dettagliato sul mondo lo faceva sembrare finalmente un telegiornale serio. Non concentrato solo a rimirarsi l'ombelico, a raccontare la bolsa cronaca politica romana, le beghe tra la maggioranza e l'opposizione o tra un partito di maggioranza e l'altro, o a ricordarci quanto siamo bravi a vaccinare e quanto dobbiamo stare attenti al virus ma non dobbiamo avere paura. Perché va bene essere pop, provare a raggiungere tutti gli spettatori e limitarsi a fare il compitino con un linguaggio semplice e notizie elementari, ma un Tg del servizio pubblico non può ridursi a essere un manuale di buoni (e banali) consigli e a celebrare le magnifiche sorti del proprio Paese e del proprio governo, da cui magari riceve le veline. Ci sono molte più cose in cielo e in terra di quante non ne contenga la propria accondiscendenza al potere.

 

IL REPULISTI - La svolta pratica e simbolica c'è stata quando, e non è un caso, i grillini sono stati epurati dai piani nobili di Viale Mazzini. Con il repulisti di novembre non è rimasto neppure un pentastellato o filo-tale alla guida di uno dei tiggìo delle sezioni chiave della dirigenza Rai. Tanto che Conte aveva minacciato di ritirare le proprie truppe dagli studi del servizio pubblico, salvo poi essere smentito dai suoi ed essere costretto a ripensarci. E non è rimasto neppure quel Giuseppe Carboni, onesto mestierante vicino ai 5 Stelle che aveva timonato il Tg1 al tempo del grillismo al potere, a partire dal 2018. Con risultati numerici più che dignitosi, bisogna ammetterlo, al punto che, alla sua cacciata, si è detto che il governo dei migliori si sbarazzava del migliore negli ascolti. Ma con uno scadimento culturale e informativo a tratti imbarazzante. La più grande soddisfazione per Maggioni e Giorgino è che, pur a fronte dello share alto del Tg Carboni, sono riusciti a far crescere via via la propria creatura e infine anche a superare le percentuali di chi li precedeva.

 

 

Se nelle prime tre settimane l'edizione regina, quella delle 20, del Tg1 degrillinizzato viaggiava su medie del 22,7% di share, nelle ultime tre settimane è salita al 23,8% (e chissà che non c'entri il fattore Giorgino, nominato vicedirettore poco prima di Natale). Se poi si confrontano gli ultimi dieci giorni del Tg1 di Carboni con gli ultimi dieci di quello di Maggioni si ottengono altri risultati interessanti: il vecchio tiggì chiudeva con medie del 23,8, il nuovo tiggì nello stesso arco di tempo è al 25. Insomma, la crescita è nella quantità di ascolti, oltreché nella qualità. Segnali che al Tg1 e agli spettatori sta facendo un gran bene la disintossicazione da Rocco, Giggi, Giuseppi e Beppe, cioè da quel modello che aveva portato a ribattezzarlo TeleCasalino o TeleConte. Consoliamoci: stavolta la Befana ha portato alla Rai bei doni, e non più Carboni. 

Dai blog