Cerca
Cerca
+

Diletta Leotta, il provino a Sky: "Un sabotaggio, cosa mi hanno fatto trovare sul foglio"

Gianluca Veneziani
  • a
  • a
  • a

Diletta, scusa il banale gioco di parole, ma ci avresti dilettato di più, se avessi pubblicato un libro fotografico pieno di quei meravigliosi scatti che quotidianamente posti su Instagram e ti attirano i commenti, gasati, di tanti tuoi fan. Invece hai tirato fuori questo libro-confessione, una specie di diario intitolato Scegli di sorridere (Sperling & Kupfer), in cui metti a nudo la tua anima e riveli il percorso travagliato della tua carriera, tra invidie, sospetti, soprusi, momenti in cui ti è sembrato che ti cadesse «il mondo addosso» e altri in cui hai dovuto «fare appello a tutte le tue difese per non crollare». Letta così, pare la biografia di una paladina dei diritti delle donne in un Paese islamico, di una donna-coraggio, di una mamma-adolescente che ha dovuto lottare da sola per farcela, o di una ragazza brutta, emarginata, incompresa... niente di tutto ciò Invece,

 

 

 

Niente di tutto ciò - È la storia di Diletta Leotta. Cioè di una che ce l'ha fatta eccome nella vita. Che si è fatta la sua strada. E si è pure rifatta. Una che, giovanissima, è già diventata un volto tv. Una che, per merito suo, si intende, ha già messo su un bel po' di quattrini. Che viene considerata un'icona di bellezza, per quanto plastificata. Una a cui il posto di lavoro non glielo leverà mai nessuno. E allora, sta pure qui a lamentarsi? Ebbene sì. In un'intervista a QN, la conduttrice sportiva di Dazn rivela le vessazioni, i dispetti e le frecciate che avrebbe subito da altre donne, atteggiandosi a vittima. Racconta di quella volta in cui sarebbe stata oggetto di bullismo, appena arrivata alla redazione di Sky: «Conducevo un tg ridotto di 5 minuti, volevano vedere come me la cavavo. Mi portano la scaletta e mi accorgo che è infarcita di numeri e nomi impronunciabili, forse anche inventati. Avevo capito tutto: ero stata vittima di un sabotaggio». E poi ricorda, dolente, quell'altra volta in cui «una collega mi ha detto: "Aprila di più quella camicia, tanto ti hanno preso per mostrare le tette"». Saremo scrupolosi, ma ci pare inelegante sparare a zero sull'azienda, cioè Sky, che fino all'altro ieri ti ha ben pagata e ti ha dato visibilità, solo perché ora sei passata alla concorrenza. Anche perché è il segreto di Pulcinella che in quel periodo la Leotta fosse legata a Matteo Mammì, direttore della programmazione di Sky Sport, insomma non proprio l'ultimo arrivato. Presentarsi come martire del sistema, donna quasi bullizzata in azienda suona un tantino stonato. Quanto alle tette poi, era stata lei stessa, a Sanremo, ad ammettere: «Senza la bellezza col cavolo che sarei qui». E allora dov' è lo scandalo? Se non desse tanto valore al suo fisico, forse la stessa Leotta non lo esibirebbe sui social con tanto compiacimento.

Frase significativa - In quell'ospitata sanremese peraltro Diletta aveva pronunciato una frase significativa: «La bellezza capita, non è un merito». Concetto verissimo in generale, se non fosse che la bellezza, a Diletta, in parte non è capitata. Ma se l'è scelta lei, o meglio se l'è costruita, rifacendosi. E allora perché non riconoscere di aver fatto ricorso abbondantemente (e legittimamente) alla chirurgia estetica, anziché dire che si è rifatta, sì, ma solo il naso, perché la sua forma la faceva soffrire da ragazzina? Detto francamente, troviamo Diletta una valida professionista, in grado di rendere interessante anche la serie B, e non solo per il suo lato B. Ma questo piagnisteo travestito dalla "scelta di sorridere", questo auto-elogiarsi per la forza di non farsi abbattere da «episodi duri», ecco, pare un tantino offensivo verso chi, nella vita, ha avuto molto meno culo di lei.

Dai blog