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Spotify Italia, Veronica Diquattro: "Ecco come sarà la musica del futuro"

Leonardo Filomeno
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E' il grande boom dello streaming musicale. In Italia nei primi 6 mesi del 2014 l'on demand, tra audio e video, è cresciuto del 95% e ha superato il download (-18%), andando così a rappresentare il 55% dei ricavi del digitale. Ma in realtà l'exploit ha un perimetro assai più ampio. "C'è il caso degli Stati Uniti, diciamo che si tratta di un trend globale. Per questo motivo, ce lo aspettavamo". A precisarlo è Veronica Diquattro, 31 anni, bolognese, responsabile del mercato italiano di Spotify, che tra le piattaforme di streaming on demand è sicuramente quella che ha tra le mani lo scettro più importante. Veronica ha iniziato quest'avventura in solitaria, circa un anno e mezzo fa. Su un terreno che poteva nascondere più di qualche insidia.

L'on demand cresce e fa ripartire il mercato musicale, il download perde quota, e il supporto fisico, con quel -2%, non se la passa poi così male.
"Il trend era questo anche prima dell'avvento dello streaming. Il declino del fisico si sta appiattendo. Mentre il download sta seguendo una sua evoluzione a prescindere dallo streaming e decresce anche in mercati in cui l'ultimo arrivato non c'è. Nel futuro queste diverse forme di utilizzo coesisteranno e si polarizzeranno in base a quelle che sono le preferenze degli utenti. L'importante è che producano valore, come accade con Spotify. Il grande risultato sarà vedere in quanti saranno passati dal consumo di musica illegale a quello legale".
Assieme all'on demand aumenta pure la nuova concorrenza. Per voi è uno stimolo?
"Siamo positivi. Più giocatori importanti entrano in campo in un settore ancora relativamente giovane e fresco come questo, più il nostro operato viene legittimato, più questa fetta di mercato cresce".
Ascoltare musica su Spotify con qualche interruzione pubblicitaria è gratis, mentre si pagano 9.99 euro al mese per utilizzare il servizio anche offline e senza pubblicità. Quanti utenti avete in Italia? 
"Preferiamo rilasciare dati solo a livello globale e non sui singoli Paesi. In totale, abbiamo raggiunto circa 40 milioni di utenti attivi, di cui 10 a pagamento. Stando ai dati diffusi qualche mese fa, solo in Italia in un anno sono state create 15 milioni di playlist e ascoltate canzoni per un totale di 65 milioni di ore".
Tra i vostri progetti c'è qualcosa che riguarda la tecnologia da indossare?
"Nello specifico, no. Ma uno dei nostri obiettivi principali, nel lungo periodo, è quello di integrare la musica con tutti i dispositivi che l'utente utilizza nel corso della giornata. La funzione connect va in questa direzione. Immaginiamo un ecosistema attorno all'utente, che in futuro potrà ascoltare la sua playlist in mobilità, con zero interruzioni".
Spotify rende in diritti ai discografici il 70% degli introiti ma gli artisti guadagnano davvero poco, anche quando i loro brani vengono riprodotti migliaia e migliaia di volte. Il problema riguarda tutta la galassia dell'on demand. Voi come lo state affrontando?
"I punti di vista in merito ai dubbi sollevati, nel tempo, sono un po' cambiati. Prendi i Metallica: prima non erano su Spotify. Da fine 2013 sono nostri supporter. Il sito Spotify Artists punta alla trasparenza e permette all'artista di capire, senza intermediari, come utilizzare Spotify, quali calcoli facciamo, che risultati sta ottenendo e come sfruttarli al meglio".
I dati sono alla luce del sole, d'accordo. Ma per adesso se non ti chiami Metallica o Madonna è dura.
"Bisogna vedere le cose in prospettiva. Siamo il principale servizio di streaming e cresciamo rapidamente, ma rappresentiamo ancora una realtà minore rispetto a Youtube e altri. Nonostante ciò, paghiamo molti più diritti di qualsiasi servizio di video streaming. Spotify rappresenta, inoltre, un importante strumento per la promozione: potenzialmente non ci sono limiti ai guadagni realizzabili, considerando che ogni volta che una canzone viene ascoltata genera guadagni provenienti dai diritti. Molti artisti indie sono diventati famosi grazie a questo servizio. Due nomi su tutti: Lorde e Haim. Non solo i big possono farcela su Spotify".

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