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Marco Travaglio: "Cosa resta del giornalismo nel talk show di Michele Santoro?"

di Andrea Tempestini domenica 19 ottobre 2014

2' di lettura

Marco Travaglio ci ha pensato due giorni prima di dire compiutamente la sua dopo il litigio con Michele Santoro e l'abbandono dello studio di Servizio Pubblico. Ora la risposta arriva dalla prima pagina de Il Fatto Quotidiano, in un duro editoriale dal titolo emblematico: "Molto show, poco talk". Marco Manetta inizia ricordando lo scontro in diretta con Burlando e chiedendo, retoricamente: "Davvero parlare di queste porcate chiamandole col loro nome e chiedendone conto a chi le ha fatte è davvero violazione del bon ton e rifiuto del contraddittorio?". Travaglio poi aggiunge: "Se i colpevoli sono tutti al potere (...) è anche perché troppa gente si lascia abbindolare dai diversivi retorici tipo 'angeli del fango' che, intendiamoci, fanno benissimo e vanno ringraziati, purché però non si prestino a distrarre l'attenzione dai portatori del fango". Travasi di bile - Dunque il vicedirettore entra nel merito della polemica, con la consueta supponenza: "Attendo che qualcuno mi dica un solo fatto non vero tra quelli che ho ricordato giovedì. Ma temo che anche stavolta, come sempre dal Satyricon di Luttazzi nel 2001, la domanda resterà inevasa. Molto più facile dipingere i fatti come 'insulti' e le critiche come 'rissa', anche se me ne sono andato proprio per evitare di trascendere davvero negl'insulti e nella rissa". Un passaggio, quest'ultimo, che pare rivolto direttamente a Santoro, proprio come quello che segue: "Restare calmi e zitti in quella bolgia di bugie e ipocrisie è un'impresa che può riuscire ai figuranti da talk show, marionette senza sangue che s'incazzano e si placano a comando". Quale giornalismo? - Marco Manetta poi sottolinea: "Chi insinua dissensi politici fra il conduttore renziano e il collaboratore grillino, risentimenti per l'ora tarda, nervosismi da share, gelosie da primedonne, mente per la gola". Secondo Travaglio "qui la questione è un po' più seria. Esiste ancora nel talk show - si chiede - uno spazio indipendente per il talk inteso come racconto di fatti veri al riparo dallo show, cioè del pollaio gabellato per 'contraddittorio' e 'ascolto' dove chi ha torto e mente passa dalla parte della ragione e della verità solo perché se ne sta comodo a cuccia, certo dell'impunità politica che gli consente di sgovernare da 30 anni, in una notte dove tutte le vacche sono nere?". Dunque, rivolgendosi direttamente a Santoro e al suo invito alla riappacificazione: "Prima di domandarsi se il collaboratore fa la pace col conduttore e torna a bordo, andrebbe sciolto un rebus: cosa rimane, del giornalismo come lo conosciamo tutti, nei talk show?". La pace, insomma, sembra lontana.

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