Venezia, ci vuole il sesso per salvare una triste Mostra del cinema

di Giulio Bucchisabato 6 settembre 2014
Venezia, ci vuole il sesso per salvare una triste Mostra del cinema
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Vien da pensare che la colonna sonora ideale per la 71° Mostra del cinema potrebbe essere quella di un filmone sulle tempeste perfette. Da domenica tuoni e fulmini, acqua a catinelle, fischia il vento (davvero, tipo ritirata di Russia), giornalisti intabarrati, pure Alberto Barbera corre per mettersi al riparo e dall’alto del Casino vibrano pericolosi teloni. Per non parlar dei film, ancora più minacciosi. E che cosa può scaldarti il corpo e il cuore nei momenti bui? L’unico faro di luce sembra venire dal sesso, i film a tema hanno fatto il pieno di gradimento. Il primo segnale è arrivato dalle Giornate degli Autori. Con The Smell of Us di Larry Clark, regista scandaloso, già autore di Kids e Marfa Girl (lui stesso è nel film nei panni di un vecchio ubriacone, alla Bukowski). È la sua «bella gioventù», la meglio per lui, un gruppo di giovanissimi skater parigini, tutti vittime di complicate situazioni familiari, che per evadere dalla tristezza delle loro vite si danno alle droghe ma soprattutto al sesso continuato, e lo praticano ovunque, senza smettere mai, belli e dannati del nostro nuovo medioevo. Filmandosi fra di loro , con l’interrogativo «ti va di riprendermi mentre ti faccio un pompino?», che poi sarebbe un po’ il selfie delle parti intime. C’è pure una penetrazione anale tra maschi, e conseguente interrogativo sulla coppia: uno dei ragazzi sostiene di farlo solo per prostituzione, ma il suo amico del cuore è perdutamente innamorato di lui. A seguire, con la presenza di Charlotte Gainsbourg e di Uma Thurman che, dopo un bagno nella piscina dell’Excelsior ha fatto da madrina, è sbarcata al Lido la versione integrale di Nynphomaniac, Volume I e Volume II. L’ipererotismo della protagonista Joe per concedere agli utenti della Mostra la possibilità di un’evasione concentrata a base di organi genitali. Nel corso della conferenza stampa, il regista Lars Von Trier si era reso raggiungibile al telefono, per precisare che lui delle donne ormai sa tutto. Non ne dubitavamo. Ma la sorpresa è un piccolo film, per ora solo sussurrata, con risolini di divertimento fra gli addetti ai lavori, quasi che non volessero concedergli il riconoscimento, la soddisfazione. Ma alla proiezione defilata sono arrivati in massa. Eh sì, accade. Si tratta di Short Skin (78 minuti), regista Duccio Chiarini, presentato alla Biennale College. Già la prima inquadratura vi sciocca un po’ perché si tratta del primo piano (con i pantaloni calati) del sedere di un ragazzo. Ma il suo problema sta sul davanti, infatti Edoardo è afflitto da un problema al prepuzio, in termini medici «fimosis», per poter avere rapporti senza dolore dovrebbe affrontare una piccola operazione che in pratica è la circoncisione. Il medico che lo visita è bonario e simpatico, ma lui ha paura, e tenta in tutti i modi di perdere la verginità senza passare dal chirurgo. Segue i consigli di una prostituta, e poi quelli di un amico che gli consiglia l’incontro ravvicinato con un polpo, morto ovviamente (sì, avete capito bene), perché tra ragazzi si sostiene che in natura è quanto di più somiglia all’oggetto del piacere femminile. Il tutto accade nel contesto di un adulterio del papà, conseguenti liti in famiglia, ed esternazioni sboccate di una sorellina che usa continuamente il termine trombare. La piccola vuole fare accoppiare ad ogni costo il loro cagnolino. Eppure, il film non è volgare: anzi è tenero, ha il sapore gustoso di una caramella frizzante nella noia di questa mostra. di Bruna Magi