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Con i torinesi The Thing tornano beat e 45 giri

Quattro ragazzi con un amore spassionato per gli anni 60 e spiccato gusto vintage: "Non chiamateci progetto, noi siamo un complesso"
di Giulio Bucchi sabato 15 febbraio 2014
Con i torinesi The Thing tornano beat e 45 giri

2' di lettura

Per carità non chiamateli "progetto" e possibilmente manco "project". A loro, i The Thing, piace essere chiamati "complesso", molto vecchio stile. E non tanto perché quest'anno vada di moda il vintage, ma perché Michele Albera, Lorenzo Albera, Roberto Benzi e Luca Calderan per gli Anni Sessanta hanno un vero culto. E le loro canzoni, trasmesse per mesi anche da Mediaset, hanno quel tocco beat che la musica pare aver perso da tempo. Contattiamo Michele Albera, voce del gruppo. E la prima domanda non può essere che perché "complesso" e non "progetto"? "Progetto sa di musicista impegnato; complesso mi fa pensare subito agli Anni ’60". Una vera passione quella per i 60s! "Pensa che abbiamo fatto uscire due 45 giri, entrambi con un pezzo portante e 3 lati B, come si diceva una volta". Addirittura i 45 giri?  "I The Thing sono un complesso in tutto e per tutto: ci siamo uniti fregandocene delle mode e dei generi in voga, non lanciamo messaggi o richiami all'ideologia e siamo anche a conduzione famigliare, tantoché mi ritrovo a spartire il palco con mio fratello Lorenzo, chitarra e tastiere, e mio cugino Emanuele Albera alla batteria".  State avendo successo?  "Mediaset, ed in particolare Italia2, ha trasmesso per 6 mesi il nostro pezzo Blue nella sua fascia musicale. Esibizioni ad eventi come "Ridateci DEMO free concert" hanno riscosso una buona partecipazione di pubblico. Il 23 dicembre scorso è uscito il nuovo album, Victoria, con un pezzo di punta, I hate you che sta piacendo molto". Mi dicevi che avete una new entry...  "Luca Calderan, il chitarrista, ci ha appena lasciati. Entrerà un elemento femminile, una ragazza particolarmente in gamba". Domanda a bruciapelo: cos'è per voi il successo?  "E' sapere che qualcuno canta le tue canzoni o essere fermati e sentirsi dire che la tua musica piace". di Marco Petrelli  

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