Indicatori sul benessere equo e sostenibile (Bes) per tracciare l'identikit dell'Italia

Al centro del Rapporto Istat-Cnel
domenica 31 marzo 2013
Indicatori sul benessere equo e sostenibile (Bes) per tracciare l'identikit dell'Italia
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Roma, 29 mar. - (Adnkronos) - Dalla qualità della vita al lavoro, dall'ambiente all'istruzione e la ricerca. Sono gli indicatori sul benessere equo e sostenibile (Bes) al centro del Rapporto Istat-Cnel, "punto di partenza per realizzare un cambiamento culturale che, mi auguro, aiuterà a migliorare in concreto il benessere della generazione attuale e di quelle future", spiega il presidente dell'Istat, Enrico Giovannini. Punto di partenza per cominciare a mettere assieme le variabili finanziarie con quelle del benessere, economia e sostenibilità. Il rapporto scatta una fotografia dell'Italia tenendo conto di tutti questi elementi. Ad esempi, negli ultimi cinque anni si sono ridotti posti di lavoro (la percentuale degli individui in famiglie senza occupati è passata, tra il 2007 e il 2011, dal 5,1% al 7,2%) e potere d'acquisto (-5%). Fino al 2009, ciò non si è tradotto in un significativo aumento della povertà e della deprivazione grave (stabili al 18,4% e al 7% rispettivamente), ma nel 2011 la situazione è peggiorata, con l'impennata degli indicatori di deprivazione materiale; la grave deprivazione aumenta di 4,2 punti percentuali (dal 6,9% all'11,1%). Scende nell'ultimo anno, di conseguenza, anche la soddisfazione complessiva per le condizioni di vita (dal 45,8% del 2011 al 35,2% del 2012). Aumenta la quota di 'Neet', i giovani 15-29enni che non lavorano e non studiano, passando dal 19,5% del 2009 al 22,7% del 2011. Secondo il rapporto l'incremento è stato causato dalla crisi economica che ha colpito più duramente proprio i giovani. L'utilizzo di Internet è aumentato fino a coinvolgere il 54% della popolazione italiana, ma rimane 16 punti sotto la media europea e il 'digital divide' non si riduce: sfavorito il Mezzogiorno, gli anziani, le donne e le persone con bassi titoli di studio. I settori ad alta tecnologia coinvolgono il 3,3% degli occupati contro la percentuale del 3,8% in Europa e i lavoratori della conoscenza rappresentano solo il 13,3% degli occupati contro il 18,8%. Istruzione e benessere vanno di pari passo, ma l'Italia, nonostante i miglioramenti conseguiti nell'ultimo decennio, non è ancora in grado di offrire a tutti i giovani la possibilità di un'istruzione adeguata. In termini di ricerca e brevetti, l'Italia si distanzia notevolmente dai Paesi europei più avanzati, ma si posiziona meglio in termini di propensione all'innovazione delle imprese. Il rapporto tra spesa per ricerca e sviluppo (R&S) e Pil è fermo a 1,3% a fronte di una media europea del 2% e un obiettivo del 3%. Più della metà della spesa è sostenuta dalle imprese, ma l'obiettivo europeo che prevede un significativo impegno dei privati nella ricerca è ancora distante. Anche il numero di brevetti è solo di 73,3 per milione di abitanti contro una media europea di 108,6. Il benessere delle persone è strettamente collegato allo stato dell'ambiente in cui vivono, alla stabilità e alla consistenza delle risorse naturali disponibili. In Italia emergono segnali contraddittori rispetto alla qualità del suolo e del territorio. Aumenta la disponibilità di verde urbano (rispetto al 2000, nei capoluoghi di provincia sono fruibili 3,1 metri quadrati in più per ogni abitante) e delle aree protette, ma il dissesto idrogeologico rappresenta ancora un grave rischio naturale distribuito su tutto il territorio nazionale, così come l'inquinamento: 57 i siti di interesse nazionale da bonificare, per un totale di 545 mila ettari, ossia l'1,8% del territorio nazionale. Sul fronte del paesaggio e del patrimonio culturale l'Italia è un Paese ricco che però non ha cura delle sue ricchezze, spende troppo poco per preservarle e valorizzarle, non fa rispettare integralmente le norme che dovrebbero tutelarle. Unico dato consolante del Rapporto quello sulla consapevolezza degli italiani in materia, che è cresciuta negli anni e ha portato poco più di un quinto dei cittadini a preoccuparsi per il depauperamento di queste risorse. La vita media continua ad aumentare e l'Italia è tra i Paesi più longevi d'Europa. Le donne, a fronte dello storico vantaggio in termini di longevità, che tuttavia si va riducendo, sono più svantaggiate in termini di qualità della sopravvivenza: in media, oltre un terzo della loro vita è vissuto in condizioni di salute non buone. Le donne che risiedono nel Mezzogiorno, a 65 anni possono contare di vivere in media ancora 7,3 anni senza problemi di limitazione nelle attività quotidiane, mentre per le loro coetanee del Nord gli anni aumentano a 10,4. In fatto di servizi garantiti agli abitanti, la realtà italiana offre un quadro di luci e ombre. La qualità dei servizi sociali non è sempre adeguata, anche se ha visto significativi miglioramenti nel tempo. La lunghezza delle liste d'attesa resta un ostacolo importante all'accessibilità del Servizio sanitario nazionale. D'altra parte, negli ultimi anni la quota di anziani trattati in Assistenza domiciliare integrata è raddoppiata e molti più bambini sono stati accolti in strutture pubbliche per la prima infanzia, anche se la quota di bambini che usufruisce di questi servizi è ancora esigua (il 14%). Il Mezzogiorno permane in una situazione peggiore del resto del Paese.