Roma, 19 lug. - (Adnkronos) - Il consumo virtuale giornaliero pro capite di acqua, tenendo conto quindi di quanta acqua sia necessaria per la produzione dei beni che usiamo quotidianamente, va dai 1500 litri ai 4000 litri; un dato che riguarda però i consumi solo dei Paesi ricchi perché se a questi si uniformassero anche i consumi pro capite dei Paesi in via di sviluppo il fabbisogno di acqua dolce salirebbe di colpo del 75%. L'uso sostenibile e responsabile dell'acqua è diventato quindi un tema di cruciale attenzione e così come viene monitorata la Co2 necessaria per ogni processo produttivo espressa nel termine Carbon Footprint (impronta di carbonio), prende sempre peso esigenza di monitorare l'uso dell'acqua, attraverso il Water Footprint, ossia quell'indicatore del consumo di acqua dolce che include sia l'uso diretto che indiretto di acqua da parte di un consumatore o di un produttore. L'impronta idrica di un singolo, una comunità o di un'azienda è definita come il volume totale di acqua dolce utilizzata per produrre beni e servizi, misurata in termini di volumi d'acqua consumati (evaporati o incorporati in un prodotto) e inquinati per unità di tempo. Le riflessioni sulla Water Footprint, volano di sostenibilità per le imprese, sono stati al centro del primo di una serie di seminari (questo ospitato da Legacoop, a Roma, il 17 luglio scorso) di avvicinamento a Città Sostenibile 2013, laboratorio delle eccellenze tecnologiche e dei bio materiali allestito all'interno di ECOMONDO, la più importante fiera italiana sulle tematiche ambientali ( 6-9 novembre Rimini Fiera); elemento predominante di questa edizione è l'acqua, simboleggiata da un lungo fiume che collegherà tutte le aziende espositrici. "La water footprint, così come già accaduto per la Carbon Footprint che è stata un'evoluzione importante e determinante per qualificare l'evoluzione green delle nostre imprese più innovative, darà - spiega Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera - una ulteriore spinta verso la sostenibilità del nostro sistema produttivo e potrà rappresentare una nuova componente strategica per la qualità e la competitività delle imprese italiane, di quella Green Italy che è una sintesi tra la Green Economy e il nuovo Made in Italy sempre più orientato all'innovazione e alla sostenibilità". In questo senso dovranno muoversi le aziende perché "la Water Footprint , evidenzia Gabriella Chiellino, Ad di eAmbiente coordinatore scientifico di Città Sostenibile Ecomondo, è un tema di forte attualità, strumento utile alle aziende sia in termini di vantaggio nei confronti dei competitor , sia come indicatore per conoscere al meglio i propri processi produttivi e dinamiche interne. La conoscenza di questi importanti dati è utile ad intervenire nella dinamica aziendale migliorandone le performance". Secondo Chiellino "l'auspicio è che prevalga l'approccio win to win nell'analisi della Water Footprint, cioè che da questi studi possano tranne vantaggi tutti quanti, dall'azienda al fruitore del servizio o prodotto, in termini di efficienza e risparmio economico. Ricordo che la sostenibilità è sempre più considerata nelle sue tre anime: ambientale, sociale ed economica". Per le cooperative che sono intervenute sul dibattito organizzato da Legacoop Nazionale con E-Ambiente, tra cui Granarolo e Coopservice, oltre ai rappresentati di Legacoop Agroalimentare, è chiaro che la Water Footprint può essere un'opportunità: "un'opportunità economica, spiega Vanni Rinaldi, responsabile Legacoop ambiente ed energia, nel momento in cui la razionalizzazione della risorsa acqua all'interno del ciclo produttivo realizza dei risparmi economici per l'impresa; è uno strumento indiretto di posizionamento sul mercato per prodotti e servizi realizzati dalle imprese, la water footprint è un meccanismo normativo e procedurale che le aziende dovranno a breve conoscere e introdurre, in particolar modo qualora intendano lavorare con la PA, per l'introduzione dei Criteri Ambientali Minimi nei bandi di gara".
