Roma, 11 mar. - (Adnkronos/Dpa) - Sono 38 milioni gli squali che vengono uccisi ogni anno per ottenere 1,7 milioni di tonnellate di pinne, ingrediente principale di una delle ricette più tradizionali della cucina cinese, la zuppa di pinne di pescecane. Irrinunciabile nei banchetti cerimoniali asiatici, da mettere invece al bando per gli ambientalisti e per le nuove generazioni di consumatori cinesi, sempre più preoccupati dall'impatto ambientale causato da questa pratica. Sulla questione si sono accesi i riflettori della Cites, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione, la cui riunione è in corso a Bangkok. Due terzi dei votanti (il 68%) si è espresso a favore dell'inclusione dello squalo pinna bianca nell'appendice II della Convenzione, che richiede, per il commercio di questa specie, la certificazione di sostenibilità. Con Cina e Giappone contrari, invece, ad aumentare le tutele. Ora, i Paesi membri della Cites hanno a disposizione 18 mesi per adeguarsi alle nuove disposizioni commerciali. La zuppa di pinne di squalo è stata a lungo considerata un piatto esclusivo e costoso, ma la sua popolarità è cresciuta di pari passo con l'aumento del numero di cinesi benestanti, fino a diventare un business multi miliardario: oggi un kg di pinne di squalo essiccate arriva può costare più di 600 dollari. Per procurarsi l'ingrediente di base, i pescecani vengono pescati, privati delle pinne e poi rigettati in mare dove muoiono dissanguati o per mancanza di ossigeno. E' il destino di milioni di squali l'anno, animali che impiegano anni per raggiungere la maturità sessuale e, quindi, per potersi riprodurre. Insomma, tra la pressione eccessiva esercitata della pesca e il basso tasso di riproduzione, gli squali non riescono a riprodursi sufficientemente e il risultato è che tutte le 14 specie di squalo soggette a commercio sono a rischio sopravvivenza, un rischio che minaccia l'intero ecosistema con conseguenze non prevedibili. Attualmente ci sono solo due impegni giuridicamente vincolanti che disciplinano la pesca degli squali, sia per la carne sia per le pinne: la Cites e la Convenzione sulle specie migratorie. Insieme, hanno stilato un elenco di sole tre specie di squali a rischio estinzione: lo squalo elefante, lo squalo balena e lo squalo bianco. La speranza degli ambientalisti è che la Cites a Bangkok decida di includere in questa lista anche lo squalo oceanico pinna bianca, lo squalo smeriglio, le tre specie di squalo martello e tutte le specie di manta. Secondo una ricerca dell'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, la pesca dello squalo pinna bianca per il commercio delle sue pinne ha causato un calo della presenza della specie tra il 70 e il 93% in diversi territori. Questa specie è una delle 5 che sono state prese in considerazione per l'inclusione nell'appendice II che richiede, per il commercio degli animali, la certificazione di sostenibilità. Anche lo squalo martello è stato incluso nell'appendice con il 70% dei voti. Anche in questo caso, la specie è fortemente minacciata dalla pesca che punta alle pinne dell'animale, con una riduzione dell'animale, in alcune zone, dell'80-90%.