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Per sconfiggere il "burn out" imparare a dire no

Steno Sari
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Il burn-out è diventato un problema sempre più diffuso, un fenomeno riconosciuto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), una vera e propria sindrome legata allo stress cronico sul lavoro. Il termine fu coniato a metà degli anni ’70 del secolo scorso e acquistò il significato di “stato di esaurimento determinato dall’avere a che fare con altri in situazioni impegnative sotto il profilo emotivo”.
Le cause sono molteplici: ritmi incessanti, aspettative irrealistiche, mancanza di supporto e, spesso, l’incapacità di staccare davvero la spina. Le vittime del burn-out presentano sintomi quali stanchezza, calo di rendimento, mancanza di entusiasmo, distacco emotivo, senso di impotenza, disperazione e malessere generale. Chi ne è colpito si sente inutile, spossato e si irrita facilmente. Niente lo fa reagire.
Ogni cosa gli sembra opprimente ed è pervaso da un senso di disperazione.
Comunque il burn-out non è una condanna definitiva, può essere affrontato e superato, ma “riconoscerlo” è il primo passo verso la guarigione. Se ci sono segnali di stanchezza fisica e si prova anche un senso di vuoto emotivo e un distacco crescente dal lavoro o dalle attività quotidiane accompagnato da irritabilità, difficoltà di concentrazione, insonnia e problemi fisici come dolori muscolari e gastriti, ci si deve preoccupare. Preoccuparsi è un atto di coraggio, non di resa.
Molti purtroppo ignorano la realtà e, sbagliando, si convincono che “rallentare” sia un segno di debolezza.
Non sorprende, visto che viviamo in una società che glorifica la produttività ad ogni costo mentre il riposo e lo svago per molti sono tempo perso.
Stressati dalle ansietà e dalle preoccupazioni quotidiane, tanti cercano di annegare le frustrazioni nell’alcool, altri usano farmaci, altri ancora ricorrono a droghe che alterano la mente.
Purtroppo chi tenta di evitare lo stress, sfuggendo in qualche modo alla realtà, non fa che accrescere la frustrazione.
Come uscirne? La strada della guarigione richiede di riconnettersi con sé stessi. È cruciale imparare a dire “no”, usare buon senso ed essere realisti.
Troppo spesso ci carichiamo di responsabilità che non ci appartengono, e questo per paura di deludere gli altri o di sembrare inadeguati. Ma la verità è che nessuno può essere ovunque, per tutti e in ogni momento. Per questo è necessario ristrutturare le nostre priorità, cosa che ci aiuterà a prendere decisioni difficili e a fare delle rinunce, ricordando che non possiamo adottare come nostre le priorità degli altri.
Chiedere aiuto non è un fallimento.
Che si tratti di un amico, di un gruppo a cui appoggiarsi, di un familiare o di un professionista di igiene mentale, parlare del proprio stato d’animo è fondamentale. L’obiettivo è riscoprire il valore della semplicità, godersi il presente senza farsi schiacciare dall’ansia per il futuro o dai rimpianti per il passato. Può significare più libertà e soddisfazione e sentirsi padroni delle proprie emozioni e azioni. Recita il Qoelet biblico: “Vale di più godersi un po’di riposo, accontentandosi di poco, che lavorare tanto per niente!” (4,6, TILC).

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