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Caffè, ecco il vero limite massimo di tazzine: cambia tutto

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Francesco Fedele
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Caffè e salute, binomio che evoca i versi “nella polvere e sugli altari”, dal momento che se si scorre la documentazione in merito si assiste a una alternanza di interventi demonizzanti ed esaltanti. Vedremo di fare un po’ di chiarezza per trovare il giusto equilibrio. Innanzitutto, ricordiamo che il caffè è la bevanda più diffusa e consumata al mondo, ottenuta dai semi tostati e macinati di alcune piante del genere coffea che fanno parte delle rubiacee, famiglia di piante tropicali con oltre 66 specie. Una tazzina di caffè è costituita per la maggior parte di acqua, contiene caffeina ed altre sostanze rappresentate da polissaccaridi, acidi, minerali quali potassio e magnesio, piccole quantità di grassi e proteine.

L’ORGANISMO
La caffeina è una xantina - alcaloide naturale - presente nei chicchi di caffè e cacao, nelle foglie di tè, nelle bacche di guaranà e noce di cola e in alcune bevande energetiche e integratori alimentari venduti come dimagranti e miglioratori della prestazione sportiva. La molecola, strutturalmente simile all’adenina, provoca tramite un meccanismo recettoriale diversi effetti sull’organismo, stimolando - a seconda della quantità che se ne ingerisce - la funzionalità cardiaca e nervosa, aumentando la secrezione gastrica e biliare, aumentando il flusso renale con conseguente aumento dell’eliminazione urinaria. Molto importante è sapere che una tazzina di caffè espresso contiene circa 60-80 mg di caffeina, una tazza di caffè americano circa 90-100 mg e una di tè nero circa 45-50 mg. Occorre precisare che una tazzina di caffè preparato con moka contiene più caffeina (circa 100 mg) rispetto ad una tazzina di caffè espresso.

La caffeina di per sè non è una sostanza nociva. Assunta entro certi limiti e dosaggi ha effetti benefici, stimolando l’attività cerebrale e l’attenzione, contribuendo anche a migliorare i livelli di pressione arteriosa grazie all’azione diuretica. Solo quando si superano mediamente i 300 mg di caffeina al giorno (che corrispondono a 3-4 tazzine di caffè) cominciano a manifestarsi gli effetti nocivi sull’apparato cardiovascolare, rappresentati da aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa con conseguenti danni sulla funzione endoteliale. Va detto tuttavia che non ci sono studi in letteratura che dimostrino che il solo consumo di caffè possa determinare ipertensione arteriosa cronica. Spesso infatti l’assunzione di caffè è collegato al fumo di sigaretta dal momento che molti dei consumatori assidui dell’“espresso” sono anche forti fumatori. Bisogna comunque mettere in guardia sugli effetti dannosi di un eccessivo consumo di caffè, che può portare anche ad una vera e propria dipendenza. In questi casi insorgono sintomi caratterizzati da ansia, irritabilità, palpitazioni, insonnia, nervosismo e mal di testa. L’assunzione eccessiva di caffeina è poi controindicata in coloro che già soffrono di patologie cardiovascolari e di ipertensione arteriosa. Anche in gravidanza è particolarmente importante evitare l’abuso di caffè.

 

 

DECAFFEINATO
Infine, come ultima considerazione, in una tazzina di caffè decaffeinato il valore di caffeina non scende a zero ma si riduce drasticamente, con un contenuto medio di 6,5 mg. In tal modo si minimizzano le ripercussioni sull’apparato cardiovascolare, ma non si eliminano eventuali effetti negativi sulla secrezione gastrica con persistenza di acidità e bruciore allo stomaco. Prima di concludere, ricordiamo che quanto detto si riferisce ad effetti e reazioni osservate nella media dei soggetti, ma che esiste una forte componente individuale, con estremi che vanno dall’ipersensibilità a supertollerabilità alla caffeina. Con queste considerazioni e precisazioni possiamo affermare, riprendendo “est modus in rebus” (“esiste una misura nelle cose”), che il caffè non va demonizzato ma, se assunto a dosi appropriate, può contribuire senz’altro al nostro benessere psico-fisico.

*Responsabile riabilitazione cardiorespiratoria San Raffaele Montecompatri 

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