Piccolo infarto, "quando uccide": l'allarme dell'esperto
Quanto accaduto a Gigi Riva non è una novità. Il piccolo infarto che lo ha colpito è parecchio comune. A dirlo è il cardiologo Furio Colivicchi, presidente dell'Anmco (Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri). Si tratta di un infarto miocardico acuto, ossia una "necrosi ischemica" di una parte più o meno estesa del muscolo cardiaco. Tradotto: all'improvviso una porzione del muscolo del cuore non riceve più sangue arterioso e quindi ossigeno. Questo è determinato da una improvvisa ostruzione da parte di un trombo di una arteria coronarica. Se il ramo coronarico ostruito è molto grande e irrora una porzione estesa di muscolo cardiaco e l'infarto sarà di grandi dimensioni. Diverso discorso se il vaso coronarico interessato è di limitata portata.
Eppure i rischi, anche se si tratta di un "piccolo" infarto non sono pochi. Basti pensare al fatto che in alcuni casi questo può ingrandirsi. Un fenomeno dall'interessamento di altre arterie, oppure dalla chiusura completa di una arteria inizialmente solo parzialmente ostruita. Quanto più le arterie sono malata, tanto maggiore è il rischio che una lesione infartuale, anche inizialmente piccola, possa rapidamente estendersi.
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Ma come ci si può accorgere di quanto sta accadendo? Tra i sintomi iniziali il dolore a carico del torace, con carattere oppressivo e costrittivo. Spesso accompagnato da difficoltà respiratoria e sudorazione fredda. Qualora ci si accorgesse di avere un piccolo infarto in corso, è bene correre in ospedale. Qui la combinazione di elettrocardiogramma e valutazione dei biomarcatori di danno miocardico (troponina), unitamente alla valutazione medica, consentiranno di confermare o escludere la presenza di un infarto in corso. Per la terapia, invece, è necessario procedere rapidamente a una valutazione dello stato del circolo coronarico.
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