Bostrico, "come il Coronavirus". L'insetto devastante che sta invadendo l'Italia: "Divora da dentro"
Non c'è pace per gli abeti rossi delle Alpi del Trentino. Tre anni fa migliaia di loro si sono schiantati al suolo sotto la furia della tempesta Vaia che si è abbattuta sul nord est. Sono crollati sotto i vortici di pioggia e vento che hanno corso veloci come uragani impietosi. Ed oggi, malandati e infermi, li ha colpiti pure un'infezione, mortale e soprattutto contagiosa a tal punto da guadagnarsi l'appellativo di Covid dell'abete rosso.
Il coronavirus delle maestose piante di montagna si chiama "bostrico", "bostrico tipografo" per la precisione. Un nome sgraziato, ma il suo aspetto è tutto fuorché temibile. È un piccolo coleottero di appena 5mm. Rossiccio o marrone con invisibili peli giallognoli. A renderlo simile al Covid è anche la tendenza a colpire le piante più malandate, intrufolandosi tra i nascondigli e gli anfratti degli alberi più in sofferenza. Si insedia sotto la corteccia degli abeti rossi, scolpendo con il suo passaggio una curiosa rete di gallerie invisibili all'esterno. Una trama che nasconde tuttavia la minaccia. «L'aspetto più pericoloso del bostrico - spiega l'entomologo Ivan Rossari - è che si sviluppa sotto la corteccia senza penetrare nel legno. Questo vuol dire che non rovina la parte esteriore degli alberi, ma in compenso porta a morte le piante in breve tempo, interrompendola circolazione della linfa».
Lo scorso anno, dopo la tempesta, gli insetti si sono diffusi a grande velocità. «Questi coleotteri attaccano gli alberi più deboli. Così dopo Vaia, la diffusione del bostrico è stata massima. A far paura, però, è che non solo il contagio non si è arrestato, ma è addirittura aumentato rispetto all'anno scorso», aggiunge Rossari. Il bostrico colpisce quando la pianta è in sofferenza, la colonizza e si nutre dei tessuti sottocorticali, che conducono la linfa dalle radici alle foglie. In poche settimane causa la morte dell'albero. Per avere contezza del fenomeno, centinaia di "'trappole" sono state posizionate tra boschi e montagne.
Le trappole per il bostrico svettano come cassette delle lettere nel silenzio delle Alpi, tra i sentieri nodosi e le fronde, sono oggetti che non dicono niente. Ma, a dispetto delle apparenze, è uno strumento essenziale per controllare la diffusione del coleottero. I risultati dei monito raggi mostrano che nelle aree colpite da Vaia la densità dell'insetto aveva raggiunto l'anno scorso preoccupanti livelli di circa 8-9.000 individui per trappola. Ma quest' estate, secondo gli esperti, i numeri sono più che raddoppiati arrivando a quota 20mila.
Dopo Vaia, l'insetto killer aveva a disposizione una grandissima quantità di legname e, infatti, un anno dopo si era già registrato un forte incremento della popolazione nel Trentino meridionale. Tra la primavera e l'estate di quest' anno i focolai si sono estesi anche nelle valli più fredde e continentali della provincia, come la Val di Sole e la Val di Fiemme, specialmente sui versanti assolati dei fondovalle. L'allarme, però, è scattato anche nel resto delle Alpi orientali, dalle Giulie alla Carnia, alle Dolomiti bellunesi, dove sta già facendo danni notevoli. Gli abeti ammalati a causa del bostrico sono quelli più secchi.
Sembrano fantasmi o scheletri sbiaditi nel verde del bosco. Il bostrico si diffonde quando arrivano temperature più miti, almeno 18 gradi. «Inverni non troppo freddi ed estati siccitose lo favoriscono», spiega l'esperto. Ma soprattutto, a favorire il proliferare dell'insetto, è stato l'ammasso di alberi "decapitati" e stressati. A Pian del Gacc, per esempio, con l'arrivo della primavera, gli operai forestali del Trentino hanno iniziato a lavorare in un cantiere allestito per circoscrivere i focolai. In provincia di Trento ne hanno aperti quasi un centinaio e lo stesso accadrà in molte altre regioni dell'arco alpino danneggiate dalla tempesta Vaia. La corsa a far sparire gli alberi caduti a picco è appena iniziata. Ma il timore è che un'altra tempesta si abbatta di nuovo, presto, sul Nord Este potrebbe essere persino più feroce della precedente.
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