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Coronavirus, "gravi danni epatici". Lo studio, fegato spappolato dal Covid: ecco le (spaventose) percentuali

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Il coronavirus attacca il fegato. Quello che prima era solamente un sospetto, adesso è diventato una verità scientifica: il merito è di uno studio italo-americano che per la prima volta al mondo ha dimostrato come il Covid attacca il fegato. I risultati della ricerca condotta dall’università di Yale e dall’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo sono stati pubblicati sul Journal of Hepatology. Il processo patologico all’ordine del danno epatico associato a forme gravi e mortali di Covid è “un’alterazione della vascolarizzazione dovuta all’eccessiva produzione dell’interleuchina IL-6, una chitochina che regola la risposta immunitaria dell’organismo”. 

 

 

Nei laboratori dell’università americana hanno riprodotto l’intero processo, confermando il ruolo chiave dell’IL-6 e il meccanismo d’azione descritto dall’ospedale bergamasco, dove erano stati analizzati dati e radiografie di 43 pazienti deceduti per Covid nella primavera del 2020. “Si tratta al momento del primo studio mai pubblicato su modello animale - hanno dichiarato gli esperti - che coinvolge il più grande campione numerico di tessuti umani provenienti da pazienti deceduti per infezione da Covid-19”. In pratica il virus induce le cellule dell’endotelio dei vasi sanguigni collegati al fegato a produrre una proteina chiamata interleuchina IL-6: tale proteina in situazioni normali regola i processi immunitari, ma quando la sua produzione è sregolata ed eccessiva si possono verificare infiammazioni anomale

 

 

Ed è proprio quello che può succedere con il Covid. Avendo valutato il rapporto tra il fatto epatico e Sars-CoV-2, dall’ospedale bergamasco evidenziano che su 2.273 pazienti il 45% aveva un danno epatico lieve, il 21% moderato e il 6,4% grave. Ovviamente i pazienti con danno epatico grave erano a maggior rischio di ricovero in terapia intensiva (69%), intuibile (65%) e mortalità (42%). In conclusione, lo studio evidenzia che l’identificazione precoce dell’endoteliopatia e le strategie terapeutiche per ridurne l’accelerazione infiammatoria potrebbero migliorare il trattamento di Covid grave. 

 

 

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