Lodi, focolaio di febbre del Nilo: 10 ricoverati per le zanzare killer
Dev' esserci una sorta di maledizione a Lodi e nella "Bassa", tra le campagne che si perdono a vista, i casali diroccati e il paesaggio bucolico che rilassa la mente. In principio è stato il coronavirus ad attaccare, quando ancora era semisconosciuto in Italia. Era la fine di febbraio, un venerdì come tanti che portava verso un nuovo fine settimana: Mattia, 37 anni, fu il "paziente 1". Venne intubato in terapia intensiva. L'Esercito strinse Codogno e i paesini vicini in una zona rossa da cui non si poteva né entrare né uscire. La psicosi del virus prese corpo in ogni angolo della Lombardia, per poi scemare in appena qualche giorno e riprendere a pieno ritmo la famosa sera dell'8 marzo, quando scattò la chiusura totale. Oggi Lodi riempie ancora le cronache per un'altra malattia d'importazione: la Febbre del Nilo. Nemmeno il tempo di brindare per i reparti covid svuotati ed ecco dieci ricoveri per il virus africano trasmesso dalle zanzare. Tutti all'ospedale Maggiore di Lodi, divisi tra i reparti di Medicina e Neurologia.
Mal di testa, febbre, nausea, vomito, rossori sulla pelle. In un caso, il più grave, persino una mielite, vale a dire l'infiammazione che rischia di alterare le funzioni del midollo spinale. I sintomi dei pazienti, di età compresa tra i 49 e i 79 anni, non hanno lasciato dubbi ai medici. Un signore di 72 anni è finito addirittura in rianimazione con una meningo-encefalite. La West Nile Disease - la Febbre del Nilo, per l'appunto - è dunque tornata, come spesso fa ogni anno, dopo la prima comparsa in Italia nel 2008, quando un focolaio endemico colpì 77 cavalli e due persone. Già, i cavalli. Sono loro quelli che rischiano di più, con un tasso di mortalità che oscilla tra il 20 e il 57 per cento. Tra gli umani, invece, la maggior parte dei contagiati non mostra alcun sintomo.
E il periodo di incubazione? Tra i due e i 14 giorni dal momento della puntura, ma può raggiungere anche le tre settimane nelle persone che presentano deficit a carico del sistema immunitario. Come dicevamo, tutto parte dalle zanzare. E a Lodi e dintorni, tra le irrigazioni dei campi agricoli, le rogge e gli stagni, ce n'è a bizzeffe. Proliferano che è una meraviglia. Poi sono gli uccelli. Migratori e stanziali, a fare da veicolo del virus, trasportandolo ovunque. Cornacchie, gazze, ghiandaie, tortore. Basta una puntura al volatile di turno ed ecco una miriade di zanzare pronte a infettare chiunque. E se tra i giovani l'infezione si risolve in pochi giorni, tra gli anziani e i più debilitati sono gravi e spaziano dalla febbre alta al disorientamento, dai disturbi alla vista alle convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Encefaliti letali e danni neurologici permanenti.
«Non c'è un farmaco per questa malattia. La terapia è sintomatica. E, naturalmente, non c'è nemmeno un vaccino possibile. Per questo risulta molto importante prevenirla con la disinfestazione dalle zanzare comuni autoctone del genere "culex pipiens" e la protezione individuale», spiega Angelo Regazzetti, primario del reparto di Malattie Infettive. E infatti, su segnalazione dell'Ats di Milano, già prima di Ferragosto alcuni Comuni del Lodigiano - San Martino, Massalengo, Graffignana, Borghetto, Vidardo, Casaletto e nella "Bassa" - hanno cominciato la disinfestazione. Persino i veterinari si sono attivati, monitorando le zanzare. Tra giugno e luglio, dalle analisi sono risultati positivi alla Febbre del Nilo gli insetti pungenti di Borghetto e della "Bassa", bloccando tutte le trasfusioni del sangue donato dai volontari in quella zona. E a proposito di ciò, anche quest' anno in diverse zone d'Italia, specie in Veneto, sono partiti i test di screening sui donatori come forma di prevenzione. «In 7 casi su mille pazienti la West Nile causa una grave malattia, ma soprattutto nelle persone anziane o affette da altre patologie», specifica il dottor Regazzetti. Per fortuna, a differenza del coronavirus, l'uomo non è contagioso. La quarantena obbligata è scongiurata, e non è cosa da poco