Coronavirus, svolta sul vaccino? "Forte risposta immunitaria", una speranza con firma italiana
Una buona notizia. Il vaccino contro il coronavirus, messo a punto nei laboratori dello Jenner Institute dell’Università di Oxford, promette bene. Il nome è impronunciabile, ChAdOx1 nCoV-19, ma il vaccino che vanta un contributo tutto italiano, quello della Irbm di Pomezia, è una delle speranze più concrete viste fino ad ora. I test sui primi volontari sono stati già svolti, mentre è attesa la somministrazione su diecimila persone per un ampio studio di fase II/III da cui si attende il responso definitivo, previsto prima dell’inverno. In ogni caso tutto sembra andare per il giusto verto. La nota rivista scientifica The Lancet arriva addirittura a parlare "di una forte risposta immunitaria".
Il vaccino si basa sulla tecnica del "vettore virale", ossia l’utilizzo di un virus simile a quello che si vuole prevenire ma non aggressivo, a cui si "incollano" le informazioni genetiche che si spera facciano scattare la risposta immunitaria dell’organismo. Sicuri dell'esito positivo anche Gran Bretagna e Usa, che hanno già stanziato ingenti fondi e a cui ha replicato il mese scorso l’accordo firmato da Italia, Germania, Francia e Olanda per distribuire in Europa 400 milioni di dosi. Per il momento i risultati, ottenuti in tempo record, sono promettenti: dopo aver dimostrato sicurezza ed efficacia sugli animali, la sperimentazione sull’uomo del candidato vaccino italo-britannico è entrata in una fase cruciale.