Matrix: dalla fantascienza alla realtà clinica di oggi

L’intervento del Professor Marco Fraccalvieri, chirurgo plastico di Torino, al V Congresso CO.R.TE. di Roma - presieduto dal professor Nicolò Scuderi - sull’impiego di ‘impalcature’ biologiche (matrici dermiche) contenenti cellule o fattori di crescita è una delle nuove frontiere della medicina rigenerativa
di Maria Rita Montebellidomenica 23 marzo 2014
Matrix: dalla fantascienza alla realtà clinica di oggi
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La copertura efficace e stabile di una perdita di sostanza rimane per il chirurgo un problema di non facile soluzione, in particolare a carico delle estremità e soprattutto dell’arto inferiore. La situazione anatomica e vascolare di tale distretto infatti fa sì che tale distretto sia quanto mai predisposto ad essere coinvolto da lesioni difficili, di origine neuropatica o vascolare. Si tratta di lesioni parziali o a tutto spessore, che provocano a volte l’esposizione di tessuti nobili quali tendini, cartilagini e osso. A volte tali perdite di sostanze possono coinvolgere il piede a livello della superficie plantare. La difficoltà della ricostruzione assume particolare rilevanza in quei pazienti che presentano delle condizioni generali di salute scadenti, associate soprattutto ad una situazione vascolare precaria. I pazienti con lesioni croniche a livello degli arti inferiori, sono in genere affetti da patologie cardiache, respiratorie, diabete, e così via. Una delle ultime novità in tema di trattamento è rappresentato dall’impiego delle matrici dermiche nella copertura di lesioni complicate a carico delle estremità. Per ‘complicate’ si intendono quelle lesioni con un'alterazione della matrice extracellulare (ECM) o con esposizione di strutture nobili (osso, tendini), laddove un intervento chirurgico mediante lembi locali o peduncolati sia controindicato per l’età del paziente o per le condizioni generali e locali. La matrice extracellulare è una sorta di ‘impalcatura’ della cute, in particolare del derma (lo strato che si trova subito sotto l’epidermide), che svolge un ruolo fondamentale nella riparazione delle ferite cutanee. Nelle ferite croniche (es. le ulcere) la matrice è alterata e ciò impedisce la loro guarigione. Le matrici dermiche. Esistono due differenti gruppi: quelle derivate da prodotti cellulari ‘vivi’ e quelle acellulari. Le matrici dermiche cellulari contengono cellule vive, derivate da tessuti umani. Le matrici acellulari non contengono cellule (sono decellularizzate) e possono essere di derivazione biologica (umana, animale), chimica o composta (biologica + chimica). Sono attualmente in fase di studio nuove tipologie di matrici e diverse modalità di sterilizzazione con prodotti chimici meno dannosi per la matrice stessa. Le matrici presentano dunque caratteristiche diverse e indicazioni cliniche differenti. Come ‘take home message’ è importante ricordare che: le matrici dermiche non devono intendersi come sostituti di innesti cutanei, ma come presidi che hanno lo scopo di interagire dinamicamente con il letto ricevente, promuovendo la rigenerazione tissutale e la chiusura della ferita; è imperativo, prima di utilizzare la matrice, effettuare un aggressivo debridement (la rimozione di tessuto non vitale dalla ferita; si effettua in modalità incruenta, utilizzando prodotti chimici, larve di mosca, terapia a pressione negativa, ecc oppure in maniera cruenta con il bisturi o l’idrochirurgia), al fine di mettere nelle condizioni migliori il letto ricevente ad ‘accogliere’ la matrice.; è importante conoscere le caratteristiche di ogni matrice dermica impiegata, al fine di adattarla al caso particolare che si prefigge di curare. Le matrici dermiche non crosslinkate ad esempio sono adatte a lesioni che hanno bisogno di formare velocemente tessuto di granulazione. Quelle cross linkate invece si impiegano nei pazienti con vasculiti o malattie autoimmuni, con elevati livelli di infiammazione; le matrici dermiche vengono già impiegate nella pratica clinica presso alcuni centri di chirurgia plastica italiani, quali quello del professor Nicolò Scuderi dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma o quello del professor Stefano Bruschi dell’Università di Torino. (GIOIA TAGLIENTE)