Numeri e costi in crescita per lo scompenso cardiaco, ma quasi la metà degli italiani over 50 non lo conosce. E l’Europa celebra in questi giorni le Giornate dello Scompenso Cardiaco, una condizione invalidante che si verifica quando il cuore non è più in grado di pompare una quantità sufficiente di sangue nell’organismo. In Italia si attende un +25% dei casi nei prossimi 20 anni e oggi sono oltre 600mila gli italiani coinvolti, tant’è che lo scompenso cardiaco è la più comune causa di ospedalizzazione per i pazienti con oltre 65 anni. Eppure, la più ampia indagine europea mai realizzata sullo scompenso cardiaco rivela che quasi la metà degli over 50 italiani (47%) non sa spiegare cosa sia lo scompenso cardiaco e 1 su 10 lo confonde con l’infarto. Una mancanza di informazione preoccupante, perché secondo le stime 1 italiano su 5 svilupperà lo scompenso cardiaco dopo i 40 anni, ma meno di 1 su 3 (27%) è consapevole di questo rischio. L’indagine, promossa da Novartis, ha coinvolto 11.000 persone in Europa e 1.000 in Italia, a partire dai 50 anni di età. Tra gli intervistati, 9 su 10 (91%) non hanno saputo riconoscere fino a tre sintomi comuni dello scompenso cardiaco e circa 1 su 5 (17%) ha dichiarato che aspetterebbe una settimana prima di rivolgersi al medico a fronte dei sintomi dello scompenso o non richiederebbe affatto il parere medico. Scarsa informazione che sommata all’invecchiamento della popolazione, alla crescente obesità e stili di vita scorretti, rischia di aggravare nei prossimi anni un problema sanitario che oggi costa nel mondo oltre 45 miliardi di dollari, mentre in Italia rappresenta la seconda voce di costo, dopo il parto, per ospedalizzazioni. Ieri a Roma gli over 60 sono scesi in campo per richiamare l’attenzione con il flash mob “Cuore in salute a passo di danza”, promosso dalla neo-nata Associazione Italiana Scompensati Cardiaci (AISC), con il contributo di Novartis e del GREAT Network Italia. “La nascita dell’Associazione Italiana Scompensati Cardiaci vuole essere l’inizio di un percorso collettivo di impegno contro un problema sanitario in rapida crescita, che non può più rimanere inosservato – spiega Oberdan Vitali, presidente AISC – Sono tante le persone che come me affrontano ogni giorno le difficoltà e i sintomi invalidanti dello scompenso cardiaco e che hanno vissuto l’esperienza traumatica di un episodio acuto. Per questo ho deciso di impegnarmi per avviare la creazione di una rete di informazione e di supporto anche in Italia, come in altri Paesi europei, per affrontare questa vera e propria epidemia con le armi dell’informazione e della prevenzione”. Il primo passo di AISC è stato quindi all’insegna del movimento che fa bene al cuore. L’appuntamento in Galleria Alberto Sordi, dove coppie di over 60 hanno improvvisato tra i passanti una danza a sorpresa, per divulgare l’importanza dell’attività fisica e un corretto stile di vita contro lo scompenso cardiaco. Una condizione cronica da non sottovalutare perché, se trascurata, può evolvere in episodi acuti, che si manifestano con un’improvvisa sensazione di soffocamento, un rapido aumento di peso dovuto all’accumulo di liquidi nel corpo e un grave affaticamento. Ogni anno, solo negli USA e in Europa, si verificano 3,5 milioni di episodi di scompenso cardiaco acuto e rispettivamente il 20% e il 30% circa dei pazienti muore entro un anno dal verificarsi dell’episodio. Eppure, secondo i dati dell’indagine, il 92% degli intervistati non è a conoscenza della gravità dello scompenso cardiaco acuto. Nonostante i progressi nel trattamento di altre condizioni cardiache, per lo scompenso acuto non ci sono innovazioni importanti da quasi 20 anni. “I dati di questa ricerca europea confermano la realtà preoccupante che verifichiamo ogni giorno nella nostra attività clinica. Lo scompenso cardiaco è spesso sconosciuto e per questo sottovalutato. La prevenzione dello scompenso cardiaco e la gestione della condizione cronica richiedono il coinvolgimento in prima persona del paziente e dei suoi familiari, per adottare uno stile di vita corretto e porre una particolare attenzione ai sintomi dello scompenso, che spesso sono confusi con i normali segni dell’invecchiamento e per questo sono trascurati, fino al manifestarsi di episodi acuti – spiega Salvatore Di Somma, Direttore Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso, AO Sant’Andrea - Sapienza Università di Roma – Quando il paziente arriva al pronto soccorso il protocollo base consiste nel ridurre la dispnea e la quantità di liquidi in eccesso nell’organismo, mediante la somministrazione di ossigeno e diuretici. Purtroppo questi trattamenti, che pur migliorano la sintomatologia del paziente, non producono un miglioramento della prognosi della patologia, come mostrano i dati sulle ri-ospedalizzazioni e in generale sulla mortalità. Di fatto, dagli anni ’70 non c’è stata evoluzione in termini farmacologici. Oggi, dopo tanto tempo, stiamo sperimentando una nuova molecola, serelaxina, che se utilizzata nelle prime ore dall'arrivo del paziente in pronto soccorso potrebbe avere effetti molto positivi sulla sopravvivenza del paziente stesso. Se gli studi in corso confermeranno i primi risultati, questo farmaco potrebbe costituire un nuovo strumento per migliorare la condizione di salute e di vita dei pazienti con scompenso cardiaco acuto”. (IS. SER.)
