Una grande novità all’orizzonte nella terapia dell’epatite C: AbbVie, azienda farmaceutica nata dal colosso Abbott, pubblicando i risultati di ulteriori quattro studi conferma di aver portato a termine il programma clinico di fase III disegnato per valutare il suo regime sperimentale completamente orale e privo di interferone, con e senza ribavirina (RBV), per il trattamento di pazienti affetti da infezione cronica da virus dell’epatite C (HCV) di genotipo 1 (GT1). Tali risultati confermano i dati precedentemente pubblicati da AbbVie e offrono una ulteriore dimostrazione della capacità di tale regime di produrre elevati tassi di risposta virologica sostenuta 12 settimane dopo la fine del trattamento (SVR12) e della sua tollerabilità nei pazienti affetti da HCV di genotipo 1. Un risultato molto importante, che interessa circa 160 milioni di persone in tutto il mondo affette da infezione cronica da epatite C. Si tratta del programma clinico più vasto mai realizzato su un regime completamente orale e privo di interferone per il trattamento di pazienti affetti da HCV di genotipo 1, che (con i sottotipi 1a e 1b) rappresenta il genotipo più prevalente in tutto il mondo. L’obiettivo, ambizioso, era quello di migliorare le conoscenze scientifiche e l’assistenza clinica studiando un regime completamente orale e privo di interferone, con o senza ribavirina, per ottenere tassi elevati di risposta SVR nel maggior numero di pazienti possibile, compresi quei soggetti per cui il trattamento risulta più difficoltoso, ad esempio i soggetti che in precedenza non hanno risposto alla terapia contenente interferone o i pazienti affetti da fibrosi o cirrosi epatica in fase avanzata. Come si trasmette il virus dell’epatite C. “Il virus dell’epatite C viene trasmesso mediante contatto diretto con sangue infetto – spiega Massimo Colombo, professore ordinario di Gastroenterologia, Direttore Divisione di Gastroenterologia Ospedale Maggiore IRCCS, Milano – contatto che può avvenire in diversi modi”. Vediamo quali: Sangue ed emoderivati infetti. Nel 1990, la maggior parte delle nazioni ha dato avvio allo screening dei donatori di sangue e degli emoderivati al fine di individuare l’eventuale presenza del virus HCV. Grazie alla diffusione dello screening di routine, in diverse parti del mondo le scorte di sangue sono sicure e libere dal virus HCV. È interessante notare che negli Stati Uniti il test per rilevare la presenza del virus HCV viene raccomandato a coloro che abbiano ricevuto una trasfusione di sangue o siano stati sottoposti a un trapianto d’organo prima del luglio 1992 quando è diventato disponibile il test anti-HCV di seconda generazione. Uso promiscuo di aghi e siringhe per somministrazione endovenosa di droga. Il virus dell’HCV viene frequentemente trasmesso mediante condivisione degli aghi utilizzati per la somministrazione endovenosa di droga. Può inoltre essere trasmesso condividendo le cannucce usate per “sniffare” cocaina dato che l’uso cronico di questa droga può causare perdita di sangue dal naso. Punture d’ago accidentali. Gli operatori sanitari entrano frequentemente in contatto con aghi durante le normali attività di assistenza ai pazienti. Nonostante una rigorosa implementazione di misure di sicurezza, gli operatori sanitari affrontano ogni giorno il rischio di punture d’ago accidentali che possono essere causa di infezione da HCV. Interventi medici, chirurgici o dentistici. Nella maggior parte dei paesi le strutture pubbliche e private implementano procedure molto rigorose al fine di garantire il controllo delle infezioni e la sicurezza dei pazienti: ciononostante, il virus HCV può essere trasmesso nel corso di procedure mediche, chirurgiche e dentistiche se gli strumenti non sono stati sterilizzati in maniera appropriata. Tatuaggi, piercing e agopuntura. Così come nel caso delle procedure mediche e dentistiche, il virus dell’epatite C può essere trasmesso usando strumenti non sterilizzati durante l’esecuzione di tatuaggi, piercing e agopuntura. È necessario che le stesse rigorose procedure di sicurezza vengano messe in pratica anche dagli studi di tatuaggi/piercing e nei centri di agopuntura. Condotta sessuale a rischio. È importante sottolineare che il virus dell’epatite C può essere trasmesso mediante contatto sessuale, anche se questo avviene raramente. Il rischio di contagio con il virus dell’HCV aumenta tuttavia in caso di rapporti sessuali non protetti con partner multipli e rapporti anali. Il rischio di trasmissione dell’HCV inoltre aumenta nei rapporti omosessuali maschili. Gravidanza e parto. Il virus dell’HCV può essere trasmesso da madre a figlio durante il parto. Circa 5 su 100 neonati nati da madri affette da HCV contraggono l’infezione al momento della nascita. È importante anche capire come il virus dell’HCV NON viene trasmesso. L’epatite C non viene trasmessa allattando al seno, né mediante ingestione di alimenti e acqua, contatti casuali come abbracci o baci, e nemmeno condividendo pasti e bevande con persone infette. Non è di norma frequente la trasmissione del virus HCV fra persone che vivono insieme, e quando questo avviene con ogni probabilità è la conseguenza di una esposizione diretta, transdermica, al sangue di un convivente infetto. È in ogni caso importante evitare di condividere determinati oggetti per l’igiene personale quali spazzolini da denti e rasoi che potrebbero entrare in contatto con il sangue di una persona infetta. I trattamenti in sviluppo. “I ricercatori sono impegnati a verificare se l’infezione da HCV possa essere combattuta mediante un trattamento orale - spiega Antonio Craxì, Professore Ordinario di Gastroenterologia, Direttore dell’Unità Operativa di Gastroenterologia all’Università di Palermo - senza necessità delle iniezioni settimanali di interferone. La prima risposta SVR 24 ottenuta mediante trattamenti sperimentali per HCV privi di interferone è stata rilevata nell’ambito di una sperimentazione clinica condotta nel 2011, e le prime terapie senza interferone potrebbero essere disponibili già nel 2014 o 2015. Queste terapie potrebbero modificare in maniera radicale le modalità di trattamento dei pazienti, con ogni probabilità aumentando il numero delle persone che ricevono trattamento e avrebbero un effetto positivo sui tassi di risposta SVR. Ogni nuovo progresso nei trattamenti anti-HCV è un ulteriore passo verso l’obiettivo finale di raggiungere tassi di risposta virale superiori al 90%, soprattutto nei pazienti con infezione di genotipo 1, che è la forma più prevalente del virus dell’epatite C”. AbbVie ha recentemente concluso il più vasto programma di Fase III, che ha coinvolto 2.300 pazienti in 25 paesi, su una terapia completamente orale e priva di interferone per il trattamento dell’epatite C di genotipo 1: • Il regime, con e senza ribavirina, ha dimostrato di essere in grado di ottenere la risposta SVR12 nel 99% di determinate tipologie di pazienti • Sono stati osservati tassi di risposta SVR12 compresi fra il 92% ed il 96% anche in pazienti difficili da trattare (pazienti cirrotici) • AbbVie prevede il lancio della terapia negli Stati Uniti per il 2014 Tali risultati, riportati nella tabella che segue, confermano i dati precedentemente pubblicati da AbbVie e offrono una ulteriore dimostrazione della capacità di tale regime di produrre elevati tassi di risposta virologica sostenuta 12 settimane dopo la fine del trattamento (SVR12) e della sua tollerabilità nei pazienti affetti da HCV di genotipo 1. (AN. SER.)