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Nel diario di Cristina Casanamemorie di una vita tranquilla

Rossella Pace, ricercatrice dell’università di Roma ‘La Sapienza’, ci offre uno sguardo inconsueto sulla Liberazione, attraverso le memorie di una protagonista della resistenza liberale
di Maria Rita Montebelli domenica 12 maggio 2019

2' di lettura

Ben lungi dall’aver esaurito gli spunti d’indagine, il grande movimento della Resistenza italiana è tornato, come ogni anno, a far parlare di sé in occasione della festa della Liberazione da poco trascorsa. Nell’immaginario collettivo l’immagine del partigiano è molto chiara: un uomo del popolo, armato, nascosto nella boscaglia insieme ad altri uomini come lui, impegnato in azioni di guerriglia e sabotaggio. Rossella Pace, ricercatrice dell'Università di Roma ‘La Sapienza’, parla di un’altra Resistenza, meno conosciuta forse ma ugualmente decisiva, quella delle donne e dei liberali e lo fa pubblicando le memorie di Cristina Casana (1914 - 1992) nel volume ‘Una vita tranquilla. La Resistenza liberale nelle memorie di Cristina Casana’ (ed. Rubbettino). Cristina Casana e la sua famiglia fino agli anni ‘40 vivevano quella che molti definirebbero una ‘vita tranquilla’, fatta di impegni mondani tra il salotto romano della nonna Lavinia Taverna, la casa di Torino e la villa brianzola di Novedrate, fino a quando nel 1938 il quadro europeo mutò drasticamente. I rampolli di quella nobile famiglia lombarda – Cristina e il fratello Rinaldo – fecero della loro villa la base della Organizzazione Franchi, un gruppo di partigiani badogliani, di fede politica monarchica, liberale e antifascista, nonché la sede di una radio clandestina gestita da Ernesto Balbo di Vinadio dalla quale venivano trasmessi i messaggi cifrati inviati da Radio Londra ai partigiani. Molte operazioni di sabotaggio della Resistenza partirono da qui. Come scrive la professoressa Giovanna Motta nella prefazione al volume, sottolineando il poco spazio finora concesso alla narrazione di una Resistenza ‘disarmata e ‘civile’, in cui anche le donne fiancheggiavano le bande armate offrendo loro supporto logistico, grazie a questa pubblicazione possiamo scoprire “la formazione di una rete di solidarietà operativa tra alcune grandi famiglie della nobiltà italiana a difesa della dignità e della libertà nazionale nel tragico periodo successivo all'8 settembre 1943. Così come emerge il ruolo di primaria importanza svolto, in questa rete, da alcune vigorose figure femminili, che mettevano a frutto una tradizione di raffinata formazione culturale e di impegno sociale facendosi parte dirigente di un'Italia allora appena in embrione, che si sarebbe realizzata, grazie anche finalmente al pieno apporto della parte femminile della società, nella nuova democrazia del dopoguerra”.  

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