Burro a peso d'oro, prezzi su dell'83% in un anno: ecco cosa c'è dietro
Non sono soltanto il caffè e il cacao a rincarare. In dodici mesi il prezzo del burro all’ingrosso è salito dell’82,8%. E il rialzo rischia di proseguire ancora per un po’. Da settimane sui portali europei specializzati rimbalza un allarme dopo l’altro. Alla fine di settembre sul mercato tedesco, alla Borsa di Kempten, come testimonia l’analisi del Clal - il maggiore centro studi italiano dedicato al mercato del latte e dei suoi derivati- il prezzo del burro è balzato a 8,60 euro al chilogrammo. Il massimo storico. Per avere un’idea di cosa significhi questa quotazione, basti pensare che nel 2022, in pieno picco inflazionistico, era arrivato a quota 7,13 euro.
Per ora i rincari si sono scaricati soltanto in parte sui mercati di consumo, ma già dalle prossime settimane i cartellini al supermercato sono destinati ad alzarsi. Di quanto è difficile dire, perché, speculazioni sui mercati internazionali a parte, le catene della grande distribuzione sono restie a trasferire sui portafogli dei consumatori l’intera entità degli aumenti all’ingrosso. Il rischio che un po’ tutte le insegne hanno sperimentato negli ultimi quattro anni, è che i rincari provochino una nuova depressione degli acquisti a volume.
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EUROPA CARA
Fra l’altro a fare il record storico sono state le quotazioni del burro europeo, come segnala sempre il Clal. In Nuova Zelanda il prezzo è calato a 5,14 euro al chilogrammo e negli Stati Uniti la quotazione del burro dell’ultimo mercato di settembre, si è attestato a 5,40 euro al chilo, rispetto alla media di 6,29 euro di agosto. Ma secondo l’ultimo report settimanale di Aretè, stanno rincarando un po’ tutti i derivati del latte. La Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi quotava 4,06 euro la crema di latte con il 40% di sostanza grassa.
Un valore che si traduce in un aumento del 59% da inizio anno e addirittura del 68% rispetto al mese di settembre 2023. Gli analisti di Aretè segnalano un calo produttivo, soprattutto in Germania, come fattore scatenante degli aumenti. Molti big tedeschi del lattiero caseario hanno accresciuto i volumi di produzione di formaggi. E assorbono quantitativi crescenti di panna, a detrimento proprio del burro.
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MATERIE PRIME CALDE
Ma sono numerose le materie prime alimentari che si stanno surriscaldando. Da inizio settembre i prezzi internazionali dello zucchero, sul mercato finanziario The Ice, hanno registrato rialzi consistenti: +20% e +12% rispettivamente le quotazioni di zucchero grezzo e zucchero bianco. E rincarano pure le lenticchie. Dopo i cali estivi il prezzo è schizzato verso l’alto del 14% a settembre. Ma i raccolti in Nord America fanno segnare rincari del 44% in Canada e addirittura del 67% negli Stati Uniti.
E c’è chi si spinge a prevedere una vera e propria stangata natalizia, con i prezzi di panettone e pandoro alle stelle, soprattutto per i prodotti di pasticceria che hanno una vita commerciale più breve.
I produttori stanno intercettando in pieno sia i rincari del burro sia quelli del cacao. Il burro per la pasticceria è già salito da 6 a 9 euro al chilogrammo, mentre il cacao ha fatto un balzo da 10 a 15 euro, sempre al chilogrammo. E il cioccolato arriva facilmente a 18 euro. Come sempre è difficile far previsioni ma c’è anche chi si aspetta un prezzo vicino ai 35 euro per il panettone artigianale. Quelli industriali aumenteranno, ma è presto per indicare valori attendibili.
FONDI ALL’OPERA
Come sempre, quando si verificano picchi di prezzo legati anche a condizioni di mercato sfavorevoli, si crea il terreno favorevole per gli speculatori che non avranno sicuramente perso l’occasione per giocare al rialzo sia sul cacao sia sul burro. Nel primo caso la causa scatenante sono stati i cali produttivi registrati nei Paesi africani per le virosi che hanno colpito le piantagioni in Ghana e Camerun. Ma dopo i primi rincari le mani forti hanno cominciato a lavorare alacremente sulle Borse merci mondiali. Aumentando la pressione speculativa.
«I motivi che hanno innescato i rincari del burro sono almeno tre», spiega a Libero Walter Giacomelli, presidente del caseificio cooperativo Gardalatte, «intanto le scorte di burro sono basse e a livello Ue la produzione di latte è stagnante. La Germania poi ha incrementato la produzione di formaggio, riducendo quella di burro. A livello mondiale, poi, è cresciuta la domanda di materia grassa e questo non può che far salire i prezzi. Naturalmente, sul mercato operano anche i fondi speculativi: quando le quotazione salgono le mani forti forniscono ulteriore spinta». Possiamo consolarci, però: «il burro europeo in questo momento è il più caro ma è anche quello qualitativamente migliore di tutti», conclude Giacomelli.