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Il pane che ci invidia tutto il mondo: cosa non sappiamo

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Attilio Barbieri
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Quando si tratta di cibo non abbiamo eguali in tutto il mondo. Per qualità ma anche se non soprattutto per varietà E il pane, per secoli alimento base alle nostre latitudini, non fa eccezione.
Dopo aver letto di millanta varietà di pane made in Italy mi sono incuriosito e scartabellando fra i documenti ministeriali e le infinite repliche esistenti negli enti locali ho messo in fila oltre 100 pani diversi prodotti praticamente in ogni angolo della Penisola. Per la precisione sono 120, un elenco che non ha certo la precisione di essere esaustivo, ma può rappresentare la base di partenza per una ricerca approfondita.
Intanto sgombriamo il campo da un possibile equivoco. Il pane artigianale continua a surclassare quello industriale. Secondo la ricerca Assitol-Cerved, su 100 chili di pane venduto oltre 84 escono dai forni e dalle panetterie artigiane. E questo primato ha contribuito probabilmente a preservare i pani unici e distintivi che punteggiano la geografia alimentare del Belpaese.
Nel lungo elenco che ho messo assieme vale la pena di segnalare innanzitutto le varietà di alimento bianco a indicazione geografica, a cominciare dalle due Dop (Denominazione d’origine protetta) più famose: il Pane Toscano e il Pane Pugliese, cui se ne aggiunge una terza, meno famosa ma non per questo meno ricercata, la Pagnotta del Dittaino che si produce in Sicilia, precisamente in diversi comuni della provincia di Enna e alcuni comuni della provincia di Catania. Vi sono poi tre Igp (Indicazioni geografiche protette): il Pane di Matera, il Pane di Genzano e la Coppia Ferrarese. Quest’ultima, per anni al centro di polemiche e quasi scomparsa dalle panetterie per una acre disputa sul disciplinare.
Fra i pani classificati dome Pat (Prodotto agroalimentare tradizionale) e De.co (Denominazione comunale d’origine) ve ne sono alcuni conosciuti comunque ben oltre il territorio da cui provengono. Si va dal Pane Cafone della Campania - così chiamato perché con questo termine erano definiti i contadini al tempo dei Borboni, alla Michetta milanese, ai Libretti di Genova, all’Ambrogiano diffuso in Veneto, fino al Miccone dell’Oltrepò Pavese e al Pane di Riso novarese.
Fra l’altro nel 2010 il Ministero dell’Economia aveva incluso il pane nell’elenco dei prodotti che si possono considerare agricoli ai fini della tassazione su base catastale. Ma la panificazione degli agricoltori è rimasta congelata per anni, dopo il ricorso vinto al Tar del Lazio e presentato dalla Federazione Italiana Panificatori Pasticceri e Affini. La vicenda si è conclusa di recente, per la precisione il 10 ottobre scorso, quando il Consiglio di Stato, accogliendo il ricorso proposto anche da Coldiretti, ha annullato la sentenza del Tar. Salvando di fatto la produzione del pane come attività agricola.
Fra l’altro, pur avendo i pani migliori al mondo e la maggiore varietà, non siamo ai primi posti nella classifica delle quantità di alimento bianco consumate pro capite. Fra i Paesi più popolosi d’Europa siamo il fanalino di coda per consumo di pane. In media ogni italiano ne mangia 41 chilogrammi l’anno, contro gli 88 dei romeni, gli 80 dei tedeschi, i 57 degli olandesi, i 52 dei polacchi, i 47 degli spagnoli, i 44 dei francesi e i 43 dei britannici. Il prezzo del pane va da 3 a 5 euro al chilogrammo. Nell’ultimo anno è cresciuto quasi del 14%, per il rincaro dei cereali.

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