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Formaggio transgenico, verità-choc sulla "cremina": cosa arriva in tavola

Attilio Barbieri
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L'industria dei cibi sintetici è più che mai lanciata. Dopo il latte senza mucche che la Remilk si accinge a produrre in un gigantesco impianto situato in Danimarca, è partito il conto alla rovescia per i formaggi transgenici. E a metterli sul mercato è nientemeno che un gruppo caseario francese, la Bel, quartier generale nella regione del Giura, 11.800 dipendenti sparsi in quasi tutto il mondo, 5.800 conferitori di latte, circa 30 marchi distribuiti. Fra i big mondiali dei formaggi a pasta fusa, quelli che si spalmano sul pane.
L'annuncio è di pochi giorni fa: all'inizio del 2023 la società immetterà sul mercato statunitense un formaggio confezionato in vaschetta come gli altri, ma ottenuto a partire dalla fermentazione microbica delle proteine contenute nel siero del latte. Nulla a che vedere con la caseificazione tradizionale, però. Si tratta di quelle che nel gergo del settore vengono definite «proteine tecnologiche». Il nuovo prodotto è il frutto di un lavoro svolto con la start-up francese Standing Ovation e la start-up americana Superbrewed Food. La prima specializzata proprio nel produrre il «formaggio da latte senza animali», la seconda fra i maggiori produttori mondiali di «proteine alternative».

SURROGATI ARTIFICIALI
Occhio alle definizioni, però. Si tratta in ogni caso di quelli che vengono definiti «cibi Frankenstein» che nulla hanno a che vedere con le derrate naturali. Il "formaggio non formaggio" della Bel, commercializzato negli Stati Uniti con il marchio Nurishh, già conosciuto per i surrogati a base vegetale di prodotti caseari e salumi, «ha soltanto il nome del formaggio, ma non ne è nemmeno lontano parente», spiega a Libero Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia che da tempo denuncia i cibi Frankenstein. «In realtà», aggiunge, «si tratta di microorganismi che vengono fatti replicare in vitro». Resta da capire se in questo caso come in altri vengano inseriti dei frammenti di Dna di altre specie che producono specifiche proteine. Ad esempio le lattoglobuline umane. In questo caso si tratterebbe di un alimento transgenico bello e buono. «Trovo comunque preoccupante e miope che un grande produttore come la Bel abbia sposato la causa del formaggio prodotto in laboratorio», aggiunge Scordamaglia, «nell'illusione forse di staccarsi dalla produzione agricola e di entrare in un segmento del mercato destinato invece a rimanere esclusiva di pochissime multinazionali che per dimensioni e risorse inarrivabili deterranno l'esclusiva dei cibi sintetici. Un errore. Al pari di quello commesso da alcune organizzazioni agricole che arrivano a negare la gravità del rischio e si illudono si possa trattare di prodotti complementari a quelli naturali. Non è così perché i cibi Frankenstein puntano a soppiantare gli altri per controllare l'alimentazione globale.
E se avessero successo sarebbe la fine di quel mondo che le stesse organizzazioni agricole e le imprese di trasformazione rappresentano».

Ma le novità non si esauriscono con l'arrivo imminente sul mercato - non soltanto in Usa - dei formaggi da fermentazione microbica. Un gruppo di ricercatori della Xi' an Jiaotong-Liverpool University ha sviluppato una tecnica che consente di creare a basso costo con una comune stampante 3D un esoscheletro ve getale su cui coltivare la carne artificiale. Un reticolo commestibile, fatto a partire da materiali di risulta nei processi alimentari, come la crusca. Il risultato finale sarà quello di rendere più credibile l'imitazione artificiale della carne, darle un aspetto simile a quello di una bistecca o un pollo, ad esempio. Evitando che assomigli a una poltiglia informe. La rincorsa è partita. Non si tratta più di capire «se» i doppioni artificiali si produrranno. Ma «quando». E quando saranno indistinguibili dagli originali, l'inganno sarà perfetto.

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