Pane confezionato, la "truffa" dell'etichetta: come ti fregano (e cosa mangi davvero)
C'è qualcosa che, forse, non sapete sul pane. Già, perché non sempre può essere venduto sfuso. Quello parzialmente precotto, che sia surgelato o meno, e poi finito di cuocere in un secondo momento, deve necessariamente essere confezionato. Ma non solo: come riporta ilfattoalimentare.it, il prodotto deve essere distinto in modo chiaro da quello fresco, il tutto con una specifica etichetta che informi il consumatore sulle modalità di preparazione.
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Questo è quanto è stato ribadito da una sentenza del Consiglio di Stato dello scorso ottobre, in un appello in cui è stato confermato il rifiuto del ricorso al Tar avanzato da un supermercato pugliese contro la Asl di Lecce.
Nella sentenza si mette in evidenza come le indicazioni da riportare sulle confezioni, oltre a quelle standard, devono contenere anche la dicitura "ottenuto da pane parzialmente cotto surgelato” oppure “ottenuto da pane parzialmente cotto". Lo scopo delle indicazioni, ovviamente, è quello di garantire la massima trasparenza al cliente, distinguendo in modo chiarissimo tra prodotto precotto e prodotto fresco.
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E ancora, nel documento viene chiarito che, nel caso in cui il completamento della cottura non possa avvenire in aree separate da quelle di vendita, il pane può essere eccezionalmente cotto anche nel negozio, a patto che sia garantito sempre il rispetto delle norme igienico-sanitarie, e a patto che sia chiaramente visibile al consumatore un cartello con le prerogative di cottura del prodotto. E ancora, il pane deve essere comunque consegnato al cliente confezionato.
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