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Carni lavorate, un colpo al cuore: "Di quanto aumenta il rischio-morte", lo studio che stravolge le nostre abitudini

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Le carni lavorate, come quelle salate e affumicate, se consumate regolarmente aumentano il rischio di malattie cardiovascolari. È quanto emerso da uno degli studi più approfonditi mai condotti su tale fame dal Population Health research Institute canadese. I risultati sono appena stati pubblicati sull’American Journal of Clinical Nutrition e si basano su un’osservazione che ha coinvolto centinaia di migliaia di persone in ventuno Paesi e che è durata in media quasi dieci anni.

 

 

Uno dei primi risultati che balza agli occhi è che chi consuma ogni settimana 150 grammi o più di carni lavorate ha un rischio di andare incontro a una malattia cardiovascolare superiore del 46 per cento e di morire per una di queste patologie più alto del 51 per cento rispetto a chi ne mangia di meno. Invece chi consuma 250 grammi di carni rosse o di pollo a settimana non sembra avere un aumento di rischio significativo rispetto a chi ne mangia di meno. L’eccessivo consumo delle carni rosse è legato ad un aumento di rischio di alcune forme di tumore, mentre i dati sono contraddittori sul legame con le patologie cardiovascolari. 

 

 

C’è però un appunto da fare su questo studio: molto si basa su quanto riferito dalle persone coinvolte, che non hanno dato informazioni specifiche sul resto della dieta e delle abitudini che hanno un ruolo importante sulla salute. Tuttavia gli autori dello studio hanno notato una relazione tra il consumo di carni lavorate e i maggiori rischi per il cuore, mentre hanno smentito quella tra le carni non sottoposte a processi di lavorazione e le stesse patologie. 

 

 

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