Olio taroccato, ecco perché da oggi è più difficile scoprirlo: la fregatura in tavola
D'ora in poi sarà molto più difficile scoprire l'olio made in Italy taroccato e l'extravergine di qualità così scadente al punto da non essere extravergine. Il Consiglio oleicolo internazionale, Coi in sigla, in pratica l'Onu dell'olio d'oliva, ha pubblicato le nuove linee guida vincolanti per tutti i Paesi aderenti - inclusa l'Italia - in base alle quali si possono effettuare i test su origine e qualità dell'oro verde. Come spiega Teatronaturale.it, vera bibbia del settore, le verifiche si complicano e di parecchio. Al punto da concedere un vantaggio importante ai taroccatori, che non mancano di certo nel comparto oleario. Con una decisione pubblicata nei giorni scorsi, il Coi ha compiuto un passo decisivo «per la progressiva standardizzazione di procedure e metodi, senza più aperture a metodi analitici innovativi», spiega il portale diretto da Alberto Grimelli. Sono escluse le tecniche e i laboratori non contemplati dalla norma internazionale Iso/Iec 17025 che stabilisce proprio gli standard che i laboratori devono rispettare per ottenere l'accreditamento. Spiegato così può perfino sembrare un passaggio positivo. Ma lo è soltanto in apparenza. I test del Dna sui campioni di extravergine grazie ai quali alcune Procure italiane hanno potuto smascherare numerose frodi sull'extravergine sono esclusi per ora - e non si sa fino a quando - dall'elenco delle procedure riconosciute.
TEST DIFFICOLTOSI
E non è finita qui. Nella decisione di maggio il Consiglio oleicolo ha fissato pure una serie di vincoli stringenti per la campionatura dell'extravergine sottoposto ai test. Gli organi di controllo, a cominciare dai Carabinieri dei Nuclei antisofisticazione, i Nas, non potranno più prelevare dagli scaffali dei supermercati le bottiglie da sottoporre a verifica perché potrebbero aver subito un decadimento delle caratteristiche qualitative. Le bottiglie da portare in laboratorio andranno prelevate dalle scatole ancora sigillate eventualmente presenti nei magazzini dei punti vendita, visto che quei contenitori rispettano le condizioni di conservazione indicate dal produttore. Oltre ai campioni testati, del medesimo lotto, l'organo di vigilanza deve poi conservare altre bottiglie per le eventuali controanalisi, rispettando sempre le condizioni ideali di conservazione.
GUARDIE E LADRI
Sulla carta le procedure innovative, dall'esame del Dna alla spettrometria, non sono escluse. Ma per essere validate dovranno ottenere il riconoscimento in base alle norme Iso/Iec 17025, con un iter che può durare anche alcuni anni. Nel frattempo «nel classico gioco guardia e ladri», scrive Grimelli, «l'impossibilità di utilizzare metodi analitici innovativi può risultare un vulnus per il sistema di controlli, lasciando ai ladri la possibilità di sfuggire alle maglie della legge per molti mesi, se non anni». Vale la pena di ricordare che il Consiglio oleicolo internazionale è controllato di fatto da spagnoli e tunisini, dopo che l'Italia è stata esclusa con un colpo di mano dalla stanza dei bottoni del Coi. Lo scorso anno l'Onu dell'olio d'oliva aveva provato a limitare le funzioni dei panel test, i gruppi di assaggiatori professionisti capaci di svolgere un esame organolettico approfondito su ogni tipo di extravergine. E c'è il fondato sospetto che proprio dal nord Africa, con diaboliche triangolazioni in Spagna, arrivi molto dell'extravergine destinato ad acquisire poi l'origine comunitaria. Una brutta storia. Che rischia di danneggiare seriamente i produttori di olio italiano di qualità e in ultima analisi i consumatori. Meno controlli significa pure meno sicurezza.