Continua la lotta per le balene. A 17 stati negato il voto
In discussione il futuro della caccia ai cetacei in Marocco. Esclusi per ragioni tecniche un quinto dei votanti
Sono 17, su 88, i Paesi che non potranno votare le nuove regole per la caccia alle balene, oggetto di discussione della Commissione Baleniera Internazionale in Marocco, proprio in questi giorni, contro le quali anche in Italia le associazioni ambientaliste stanno manifestando in piazza. La partita che si gioca ad Agadir nei prossimi tre giorni è infatti decisamente importante perché al voto ci sono proprio le nuove regole internazionali che regolamenteranno la caccia ai cetacei e un compromesso storico, osteggiato da molti, che vorrebbe ripristinare, rendendola più efficace, la moratoria del 1986, attualmente e costantemente violata dai Paesi più spregiudicati nella caccia alla balena, come il Giappone, la Norvegia e l'Islanda. Tra i diciassette Paesi banditi, corrispondenti a un quinto del totale dei convocati, che non riusciranno quindi a esprimersi, sono contemplati numerosi piccoli Stati del Pacifico su cui, peraltro, il Giappone fa pressione per garantirsi i loro voti. Tra questi Palau, ma anche alcune aree delle isole Marshall, il Ghana e il Gambia. La maggioranza dei 17 ha idee affini alle nazioni baleniere ed è per questo che alcune fonti internazionali parlano di «un duro colpo per la speranza giapponese di veder legittimato l'uso commerciale della carne di balena». Il motivo dell'esclusione dal voto è tecnico e non politico, come si potrebbe pensare. I 17 sarebbero accusati di irregolarità amministrative e contabili, tra le quali non aver pagato le tasse annuali della Commissione. Il Giappone, per fare fronte alla probabile carenza di voti, sembrerebbe avere aumentato in maniera esponenziale i tentativi di comprare la votazione di alcuni rappresentanti in Marocco. Si parla di camere d'albergo pagate per tutti dai giapponesi e prostitute offerte in cambio del loro voto, anche se la Commissione informa che sta ancora valutando la notizia e indagando sull'accaduto. A sposare la causa ambientalista ci sono anche numerosi personaggi pubblici, come Paul Mc Cartney, che si è schierato in un lungo appello contro il governo della Norvegia.