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Infarto, anche le donne a rischio: il sintomo (differente) che permette di riconoscerlo

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“Ottobre rosa” – campagna di prevenzione volta a promuovere gli screening per il tumore al seno attraverso la possibilità di eseguire mammografie gratuite per le donne di età compresa tra i 45 e 49 anni – è un’iniziativa lodevolissima, che mantiene alta l’attenzione sulla “sacrosanta” prevenzione oncologica nelle donne. Tuttavia, in tema di prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili, l’approccio nei confronti delle donne è ancora stile “bikini”, cioè rivolto solo alle parti del corpo ricoperte dall’utilizzatissimo costume, vale a dire alla patologia del seno e dell’apparato genitale e riproduttivo femminile.

È infatti ancora credenza diffusa - non solo per i non addetti ai lavori, ma anche per gli operatori sanitari - che il sesso femminile sia protetto nei confronti delle patologie cardiovascolari. Bisogna subito dire che senz’altro gli estrogeni (ormoni femminili) hanno un effetto protettivo sull’apparato cardiovascolare, e che esiste un relativo ritardo (circa 10 anni) nei tempi di insorgenza delle manifestazioni patologiche rispetto a quanto si verifica nell’uomo. Tuttavia, i dati epidemiologici sono estremamente significativi, e dimostrano che anche nelle donne le malattie cardiovascolari sono la prima causa di mortalità.

Le statistiche dimostrano che 1 donna su 5 muore di patologia cardiovascolare e che 1 donna su 16 di età superiore ai 20 anni ha una malattia coronarica. Cerchiamo di spiegare questi dati facendo riferimento alle differenze tra donna e uomo, che non sono solo quelle legate al sesso (differenze biologiche), ma anche quelle condizionate da fattori ambientali, sociali e culturali (differenze di genere).

Partiamo dai fattori di rischio cardiovascolare nella donna che sicuramente annoverano quelli tradizionali- ipertensione, dislipidemia, diabete, obesità, sedentarietà, fumo, alimentazione inappropriata - ma anche altri tipicamente legati al sesso femminile menopausa prematura, diabete e ipertensione durante la gravidanza, parto pretermine , sindrome dell’ovaio policistico, patologie sistemiche autoimmuni e altri ancora - spesso sottovalutati, correlati a fattori psicosociali, abusi e violenze, indigenza economica. La conoscenza e la consapevolezza di tutti questi fattori permettono di stratificare con precisione il profilo di rischio e iniziare una prevenzione anche in premenopausa integrando screening cardiovascolari a quelli ginecologi e oncologici.

Un altro aspetto importante, che induce a sottovalutare le patologie cardiovascolari nella donna, è la diversità dei sintomi tra i due sessi: nell’uomo i sintomi legati a malattia coronarica che porta ad angina/infarto sono rappresentati “tipicamente” da dolore oppressivo in mezzo al petto con irradiazione al braccio sinistro, alla schiena e alle volte alla base del collo; nella donna spesso la sintomatologia, definita con approccio “ maschilistico” atipica (perché non è come quella dell’uomo), è molto più sfumata e può essere rappresentata da difficoltà respiratoria, da facile stancabilità o da palpitazioni.

Recente, a questo proposito, la testimonianza della nota conduttrice televisiva Enrica Bonaccorti, che ha raccontato la sua storia sanitaria rappresentata da sintomi di notevole stanchezza indagati nelle modalità più svariate, pensando a chissà quali patologie, fino a che una coronarografia- esame che esplora le coronarie - non mise in evidenza una malattia coronarica diffusa, poi curata brillantemente ed efficacemente con bypass aortocoronarico. C’è sempre più bisogno di testimonial affinché insieme a campagne di educazione e corretta informazione sanitaria si accendano i riflettori sulla problematica della patologia cardiovascolare nella donna, si promuovano campagne di prevenzione, si attuino percorsi diagnostici terapeutici rivolti a contrastare la sottostima dei sintomi e segni potenzialmente riferibili al cuore , non ritardare le diagnosi e a mettere in campo tutti gli interventi terapeutici con tempestività e piena adeguatezza.

Il messaggio finale è: la patologia cardiovascolare non rappresenta una malattia prettamente maschile, le donne non ne sono immuni e, pertanto, anche considerando le differenze di genere, debbono riservare al cuore la stessa attenzione e consapevolezza che fortunatamente hanno acquisito nei confronti della patologia tumorale.

prof Francesco Fedele
Responsabile riabilitazione cardiorespiratoria San Raffaele Montecompatri

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