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Ragno Violino è psicosi. Ma le punture di zanzare e vespe sono molto più pericolose

Giordano Tedoldi
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Il ragno violino mi sta simpatico, e fin quando non arriveranno prove irrefutabili, dubito che i due decessi recentemente attribuiti al suo morso, che hanno provocato un discreto panico, siano riconducibili solo al suo veleno. Gli entomologi ci spiegano che sì, il morso di questo aracnide, che ha preso l’abitudine di popolare i recessi delle case, dove si ripara dai predatori (è un tipo solitario e tranquillo) non va preso alla leggera, ma solo raramente provoca complicazioni, perlopiù in soggetti già debilitati; statistiche alla mano, sono più letali le malattie portate dalla puntura di una zanzara, o le vespe. Però è vero che esiste una specifica paura verso i ragni (che non sono insetti, ma aracnidi), e per una volta la medicina, che suole cavarsela appendendo il suffisso “-fobia” a qualunque cosa, ha valide ragioni per parlare di aracnofobia. Perché siamo, in gran parte (non tutti, ci sono moltissimi collezionisti di ragni che li amano più dei loro parenti), aracnofobici?

 

RIPUGNANZA

Possiamo individuare diversi motivi, alcuni dei quali ottimamente rappresentati nella letteratura, nell’arte figurativa, nel cinema, e vedremo che, forse, come in tutte le fobie, insieme all’immediato senso di ripugnanza, è mescolata una certa attrazione.

Pensiamo a una delle opere più stupefacenti dell’arte contemporanea, cioè la scultura “Maman” di Louise Bourgeois, un ragnone metallico alto più di nove metri e largo dieci, che nella poetica della compianta artista francese simboleggia l’archetipo materno. Non si può dire che non abbia qualcosa di terrificante, questo aracnide che sembra provenire da un film di fantascienza dell’età d’oro, quelli in cui gli insetti venivano ingigantiti da perversi esperimenti, come “Tarantola”, diretto nel ’55 dal maestro del genere horror e sci-fi Jack Arnold. Eppure l’opera trasuda anche ciò che il suo nome suggerisce: quelle terrificanti, lunghe zampe metalliche, che formano quasi una gabbia, sono anche la salda, rassicurante protezione dell’amore materno: a volte soffocante, tuttavia indispensabile allo sviluppo del bambino. Chi soffra di grave aracnofobia, dovrebbe fare un viaggio per vedere una delle versioni di “Maman” (ce ne sono alla Tate Modern di Londra, al Guggenheim di Bilbao e altrove) e chissà, forse ne tornerebbe rassicurato, pacificato nella sua avversione istintiva per gli aracnidi?

 

RACCONTI

In letteratura esiste un folgorante quanto breve racconto di H.G. Wells, l’autore de “La macchina del tempo” e de “La guerra dei mondi” (i cui Marziani invasori della Terra avevano sì sembianza di piovre, ma anche qualcosa di ragnesco), che si intitola “La valle dei ragni” (è un libriccino pubblicato da Adelphi). Come spesso in Wells, qui non ci sono ambivalenze: i ragni sono il male, il nemico, l’orrore. Tre uomini si inoltrano a cavallo in una valle infestata da ragni giganti e dediti al cannibalismo (in una delle scene più ripugnanti, gli esemplari vivi mangiano i cadaveri) che misurano, all’apertura delle zampe, trenta centimetri. Si direbbe che lo scrittore inglese si fosse documentato, perché ragni di tal misura esistono veramente, sono gli Heteropoda maxima; senonché questa specie è stata scoperta nel Laos solo nel 2001, mentre il racconto fu pubblicato nel 1903: bravo Wells! La bella edizione italiana del racconto, inoltre, reca in copertina un grottesco disegno a carboncino dell’artista simbolista Odilon Redon: “Il ragno sorridente”. L’opera è complementare a un altro disegno di Redon, “Il ragno che piange”. Sono due visioni da incubo, però anch’esse alludono al segreto di quella curiosa ambivalenza di cui discorrevamo: repulsione e attrazione. Infatti, se un ragno ride o piange, vuol dire che ha qualcosa di umano, e, in effetti, l’abbiamo detto, i ragni non sono propriamente insetti.

Per misteriosa che sia la causa – e l’arte può solo suggerircela -, sentiamo i ragni più affini a noi che gli uccelli o i rettili, al punto da immaginarli virtuosi di uno strumento, come il ragno violino (per via della macchiolina che porta sul dorso).

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