Cristianesimo, l'agnostico e quella sospensione tra atei e teisti
L’agnostico è una via di mezzo fra l’ateo e il teista. L’ateo è convinto che Dio non esista, mentre il teista è convinto che Dio esista e che si occupi delle attività umane. L’agnostico non ritiene che ci siano prove sufficienti per dire che Dio esista o che non esista. Si astiene dal prendere posizione e dice che se Dio esiste è sconosciuto e non conoscibile, affermando di credere solo a ciò che vede. Per lui l’esistenza di Dio non può essere né provata né confutata, essendo impossibile avere le prove che Dio c’è. Alcuni pensano che sia la posizione più ragionevole da assumere in quest’era moderna dominata dal dubbio e che si possono avere sani valori senza bisogno di credere in Dio.
“Agnostico” deriva dalla parola greca àgnostos, “sconosciuto”, e fu coniato dallo zoologo inglese del XIX secolo Thomas Henry Huxley, contemporaneo di Charles Darwin e acceso sostenitore della teoria dell’evoluzione. Egli contestò le chiese che asserivano di avere una speciale gnòsis (conoscenza) di Dio e dell’origine delle cose. Indicò, dunque, una ragione per cui non poteva accettare questa gnòsis e che lo faceva essere agnostico: la biasimevole condotta della cristianità. Interessante il fatto che l’uomo ha per natura l’istintivo bisogno di Dio. Non sorprende, quindi, se alcuni agnostici o atei onestamente riscontrano che manca loro qualcosa, un po’ come un bambino cresciuto in orfanotrofio che prova un senso di vuoto per non avere mai conosciuto i genitori.
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Perfino un non credente convinto come il grande matematico e filosofo Bertrand Russell ammise in tarda età: «Sono stranamente infelice perché l’andamento della mia vita è complicato, perché la mia natura è disperatamente complicata Nel mio intimo provo sempre ed eternamente un terribile dolore, un curioso, folle dolore, un ricercare qualcosa oltre ciò che il mondo contiene, qualcosa di trasfigurato e di infinito, una visione beatifica, Dio: non lo trovo, non penso si possa trovare». In un suo libro (“Out of My Later Years”) Einstein parla dell’esperienza di imparare in merito alla fondamentale unità esistente nella natura.
Quindi dice: “Chiunque abbia fatto l’intensa esperienza di progredire con successo in questo campo è mosso dalla profonda riverenza per la razionalità resa manifesta nell’esistenza”. E prosegue: “Per mezzo dell’intelletto egli si libera, con effetti di vasta portata, dai legami delle speranze e dei desideri personali, e ottiene così una umile disposizione di mente verso la grandiosità della ragione personificata nell’esistenza, che, nei suoi più profondi recessi, è inaccessibile all’uomo”.
Dall’ammettere “la razionalità resa manifesta nell’esistenza” e “la grandiosità della ragione personificata nell’esistenza”, ad accettare che dietro tutto questo deve esserci una grande Mente o Fonte della razionalità il passo non è poi così lungo. È scritto: “Avvicinatevi a Dio, ed egli si avvicinerà a voi” perché “non è lontano da ciascuno di noi” (Giacomo 4,8 e Atti 17,27, TILC). Dio non è lontano da noi se vogliamo realmente trovarlo e desideriamo apprendere intorno a lui.
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