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Starliner, problemi ai propulsori e perdite di liquidi: la Nasa lascia gli astronauti in orbita

Mirko Molteni
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«The planet Earth is blue and there’s nothing I can do» (Il pianeta Terra è blu e non posso farci nulla), cantava nel 1969, anno del primo sbarco sulla Luna, il giovane David Bowie, immaginando, nel brano Space Oddity, il dramma del “Major Tom”, l'astronauta di fantasia condannato a perdersi nello spazio a causa di un guasto alla sua capsula. Non siamo, per fortuna, a simili livelli di odissea nello spazio, ma c'è comunque preoccupazione per le avarie della navicella spaziale americana Starliner, prodotta dalla Boeing per la NASA e impegnata nel suo primo volo con equipaggio a bordo. Il responsabile voli umani dell'agenzia spaziale statunitense, Steve Stich, ha annunciato che la data del rientro sulla Terra della navicella è stata rimandata, per la terza volta, al 26 giugno. La Starliner è da giorni ormeggiata alla Stazione Spaziale Internazionale ISS, che orbita attorno al nostro pianeta a una quota di 400 km. È stata lanciata da Cape Canaveral con un razzo vettore Atlas V lo scorso 5 giugno con a bordo due astronauti, Barry Wilmore e Sunita Williams. La missione è il debutto di Starliner con persone (un uomo e una donna) a bordo, dopo che nel 2019 e 2022 aveva compiuto voli orbitali di prova con l'abitacolo vuoto.

Già il lancio era stato rimandato due volte, il 6 maggio e il 1° giugno, per guasti a una valvola dell’impianto d'ossigeno liquido e al computer del conto alla rovescia. Arrivata in orbita, la navicella, battezzata “Calypso”, era riuscita con difficoltà a ormeggiarsi, il 6 giugno, alla ISS, per problemi ai motori di manovra. Nel corso dei giorni sono emerse, come ha ricordato il Washington Post, cinque perdite dai serbatoi di elio liquido che servono a tenere pressurizzato il propellente dei motori. Il rientro era previsto il 14 giugno, ma è stato rimandato una prima volta al 18 giugno, poi al 22 e infine al 26, quando la navicella dovrebbe sganciarsi dalla ISS alle 3.10, ora italiana, per discendere nell’atmosfera e atterrare con paracadute e airbag alle 9.51 nel poligono USA di White Sands, nel Nuovo Messico. Questo, salvo nuovi rinvii. La NASA ha giustificato il terzo posticipo con la necessità di «raccogliere il maggior numero di dati sulle perdite di elio», definite «minime». Infatti esse riguardano il modulo di servizio della Starliner “Calypso”, che verrà incenerito e disintegrato dall'attrito con l’atmosfera durante la discesa, a differenza del modulo dell’equipaggio, corazzato grazie a uno scudo termico. I tecnici quindi non avranno la possibilità di esaminare materialmente le parti guaste dopo la missione. La cosa certa è che per Boeing, già provata negli ultimi anni dai numerosi incidenti al suo aereo civile 737Max, un programma spaziale già arrancato fra notevoli ritardi si dimostra imperfetto ancora nel suo volo inaugurale pilotato, con tutti i rischi potenziali per gli astronauti, minimi, ma non del tutto assenti. Il colosso aeronautico di Seattle, da decenni parte del complesso industrial-militare intrecciato al governo USA, è stato battuto dall'iniziativa privata di Elon Musk, la cui società SpaceX ha fin dal maggio 2020 fatto volare in orbita la sua prima navicella con uomini a bordo, la Crew Dragon. Musk, di cui è nota la vicinanza a Donald Trump, da ormai quattro anni assicura agli americani una capacità autonoma di inviare astronauti sulla ISS senza dipendere del tutto dalle capsule russe Soyuz. Attualmente, sulla ISS, oltre a Wilmore e alla Williams, si trovano anche altri 7 astronauti, di cui 4 americani (2 maschi e 2 femmine), 2 russi e una bielorussa. Ed è interessante notare che hanno raggiunto la stazione, in marzo, con una Crew Dragon di Musk che ospitava uno dei russi, mentre una americana era ospitata a bordo della Soyuz, a testimonianza che la collaborazione spaziale viene ancora vista come un “territorio franco” da cui USA e Russia cercano di escludere le tensioni terrestri.

 

La Boeing prevedeva di far volare la Starliner con equipaggio fin dal 2017 e ha in pratica tardato di sette anni, senza per questo eliminare i problemi tecnici. Le difficoltà di un'azienda simbolo dell'establishment istituzionale possono ripercuotersi sull'immagine dell'amministrazione di Joe Biden, erede di quella di Barack Obama (di cui Biden era vice), sotto cui nel 2014 la NASA aveva firmato col gruppo di Seattle l'appalto da 4,2 miliardi di dollari per il programma in questione. Musk, invece, il “Trump” dello spazio, ha dimostrato che l'iniziativa privata di un'azienda “outsider” rispetto al sistema, come la sua SpaceX, sia riuscita a sorpassare in velocità ed efficienza il colosso intrecciato con il Pentagono.

 

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