Smartphone, i segreti per proteggere il vostro telefonino
Non siamo più abituati. Ce lo portiamo persino a letto. Sta lì, fisso, sul comodino. Rigorosamente acceso. Ché all’inizio, cioè una quindicina di anni fa quando gli smartphone hanno cominciato a scalzare i semplici telefoni cellulari, ci siamo detti «non si sa mai, metti qualcuno abbia bisogno di notte». Poi neanche quello. Oramai è la comodità o l’abitudine. O persino la pigrizia: ci svegliamo e la prima cosa che facciamo è allungare la mano, prendere l’iPhone (o quel chi per lui) e vedere che ore sono. Manco sia una sveglia.
Ecco, no. Ma non perché non è la sua funzione o una a caso di quelle tirate psico-pseudo-radicalchic (tipo «il telefonino in camera da letto disturba il sonno se non altro»). No, perché è una questione di sicurezza. Parola dell’Nsa, la National security agency, l’Agenzia per la sicurezza nazionale Usa: un po’ intelligence, un po’ controspionaggio, un po’ raccolta e analisi di dati, parecchio monitoraggio.
Ha appena rilasciato un documento, l’Nsa, che si può sintetizzare in una manciata di regolette (diverse delle quali già note) che ci possono salvare il device. Dai malintenzionati, dai truffatori di professione, dagli hacker della domenica e da quelli che i mariuoli virtuali li fanno anche negli altri giorni della settimana, dai furbetti dei ricatti telematici. Le buone pratiche. Nulla a che vedere col bon-ton, tutto a che spartire con la salvaguardia (della privacy e non solo).
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I SUGGERIMENTI
Quindi via, carta e penna (o blocco note attivo sulla schermata): il primo consiglio/trucchetto/suggerimento è di spegnerlo, ‘sto benedetto cellulare, almeno una volta alla settimana. Che si usi Android o iOs non c’è differenza, ma c’è che ogni smartphone non dovrebbe restare operativo per più di 168 ore consecutive (le quali fanno, appunto, sette giorni). La ragione? Un semplice riavvio, operazione velocissima, facilissima, aiuta a difendersi contro alcuni attacchi informatici come i cosiddetti “exploit zero-day”.
Quelle (piccole o no) falle dei software o dei dispositivi stessi che vengono scoperte (e ce ne sono) prima dai criminali del www che dai produttori dei telefonini. “Zero-days” sta proprio a indicare quello, ossia i dì (neanche uno) che gli sviluppatori hanno per creare un aggiornamento di difesa. E, nel frattempo, si rimane fregati. Spegnendo e riaccendendo, invece, si interrompe un (eventuale) invio di informazioni, magari a flusso, cioè senza accorgersene e di continuo.
Inoltre: sarebbe il caso di disattivare il Bluetooth, l’Nfc e il Gps quando non vengono utilizzati; di non utilizzare wi-fi pubblici senza il Vpn (al secolo quella rete privata virtuale che utilizza un sistema crittografato per proteggere una connessione internet dagli accessi non autorizzati); di aggiornare regolarmente i dispositivi (che non è solo un modo per restare al passo coi tempi e in pari con le ultime novità tecnologiche); e di scegliere password efficaci.
Il proprio giorno di nascita anche no, da che film è film è il primo che si tenta per sbloccare un cellulare altrui: l’Nsa specifica che un pin di 6 cifre è sufficiente se lo smartphone si blocca dopo dieci tentativi falliti e che i sistemi di riconoscimento biometrico (come la scannerizzazione del volto o dell’impronta digitale), che una volta erano roba da fantascienza o, al massimo, diavolerie da James Bond, e invece oggi sono alla portata di chiunque, rientrano tra i sistemi più sicuri in assoluto. Infine ricorda, la sicurezza americana, che per la sicurezza di tutti, collegarsi alle stazioni di ricarica Usb pubbliche (nei porti e aeroporti, sui treni, alle stazioni di servizio, nei musei, ce ne sono ovunque) non è la scelta migliore.
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I RISCHI
Possono sembrare avvertimenti banali (tra di loro c’è anche l’invito a non installare troppe app e comunque a usare solo quelle ufficiali, a non rilasciare informazioni sensibili tramite messaggi, a non cliccare su link di dubbia provenienza, a usare solo accessori fidati meglio se originali, a coprire la telecamera quando non è in uso) epperò non lo sono per niente.
Solo al di là dell’Atlantico e solo nel primi nove mesi del 2023, secondo uno studio recente, sarebbero stati rubati dati dai cloud in misura superiore del 20% rispetto che il passato e gli utenti planetari che hanno subìto una sottrazione di informazioni private sono stati oltre 360 milioni. Ricordarsi di spegnere per qualche secondo lo smartphone (per riaccenderlo subito dopo) non è uno sforzo tanto grande, se i rischi sono così elevati.