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Matteo Bassetti e la febbre Dengue: "Zanzare in Italia, qual è il vero rischio"

Claudia Osmetti
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Maledette zanzare. Che maledette lo son sempre state, per carità: fastidiose e moleste, specie col caldo torrido di agosto. Però adesso ci portano pure la Dengue, che fino all’altro ieri la conoscevi giusto se eri andato in Sudamerica o nell’oceano indiano, per vacanza o perché eran fatti tuoi, e avevi letto gli alert della Farnesina: era tra le malattie segnalate, quelle da cui guardarsi e stare attenti. Adesso no. Adesso è qui, a casa nostra. Endemica, come si dice in gergo medico (e il significato ce l’ha spiegato fin troppo bene il Covid del 2020). Diciotto casi (accertati) in Emilia Romagna, di cui tre a Bologna. Quattordici nel Lazio, due finiti dritti dritti all’istituto Spallanzani (che è quello delle malattie infettive, altra struttura nota alle cronache degli anni della pandemia). Cinque nella Bergamasca; due nel Lodigiano (e, di nuovo, tornano i parallelismi col Sars-Cov2, quello di Codogno) con pure 309 persone sottoposte a screening “di massa”; segnalazioni a Piacenza, Feltre, Prato, Belluno, Pistoia. Ma cosa sta succedendo?

 

 

 

Succede che la trasmissione si divide a metà: da un lato ci sono le infezioni dovute ai viaggi all’estero (che ci sono ancora e sono 79 secondo l’Iss, l’Istituto superiore di sanità, da gennaio a ora); e dall’altro ci sono le punture autoctone (cinque quelle rilevate), avvenute senza che nessuno dei pazienti abbia messo piede fuori dai confini nazionali. Ed è su questo secondo fronte che la questione cambia faccia. «Oggi non ha più senso parlare di febbri tropicali», spiega il virologo e direttore della clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova Matteo Bassetti: «Non è più così. L’abbiamo visto col Covid, è il mondo globalizzato. Non vale solo per la Coca-Cola, purtroppo vale anche per i virus e le malattie». La Dengue, appunto, è una patologia di origine virale, che è trasmessa dalle zanzare (il suo vettore principale è la zanzara Aedes aegypti, ma non scherza manco la cugina Aedes albopictus) e che, tradizionalmente, se ha ancora un senso parlare di tradizione, è associata alla stagione delle piogge di Africa, Sudest asiatico, Cina, India, Medioriente, America latina e centrale, Australia e Pacifico. Non proprio l’Europa, ecco.

«In passato veniva definita come “la febbre spacca -ossa”», continua Bassetti: e una definizione del genere, di spiegazioni, ne bisogna poche. Ti sale la temperatura, hai un rash (cioè un esantema sulla pelle) e dolori muscolari e articolari che ti mettono al tappeto. «La cosa più probabile è che qualcuno si sia infettato, all’estero, contraendo la dengue magari anche in forma lieve. Poi, una volta rientrato in Italia, si sia stato punto una seconda volta da zanzare come le tigri che oramai sono presenti anche qui: a questo punto ha passato il virus alla zanzara, facendo da “incubatore” e la zanzara, prolificandosi, ha fatto il resto. Tra l’altro le condizioni climatiche, checchè ne dica qualcuno, sono cambiate: fa sempre più caldo e se ci mettiamo anche le piogge torrenziali di quest’estate che hanno creato bacini di acqua stagnate il cerchio si chiude».

 

 

 

 

Risultato: benvenuta (per modo di dire perché ne avremmo fatto volentieri a meno) Dengue in Italia. Problema: non esiste una cura specifica. Per la Dengue «si usano, al massimo, farmaci da supporto, nei casi più gravi. Esiste sì un vaccino, ma non è commercializzato nel nostro Paese». Soluzione: prevenzione, prevenzione e (ancora) prevenzione. Con, però, una precisazione che è d’obbligo: non facciamoci prendere dall’allarmismo. «Il sistema sanitario italiano e i centri di malattie infettive sono perfettamente in grado di gestire questo fenomeno», aggiunge Bassetti, «anche se le attività che si possono mettere in campo sono triplici: da un lato i medici devono entrare nell’ottica che la Dengue c’è e, quindi, se un paziente si presenta loro con sintomi compatibili, devono richiedere gli esami specifici, anche perché il grosso problema sta nella re-infezione, che è molto più seria e complessa della prima; dall’altro Comuni devono fare il loro con campagne di disinfestazione nei periodi indicati, tra aprile e giugno e non quando è troppo tardi; e infine i cittadini devono proteggersi il più possibile». Il che significa, e lo diceva la nonna ma Bassetti concorda: zanzariere, repellenti ed evitare di scoprire le parti del corpo più esposte, caviglie e polsi, negli orari di maggior pericolo, all’alba e al tramonto.

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