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La dieta dell'astronauta, ecco quali sono i cibi che allungano la vita

Caterina Maniaci
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Dalle stelle al giardino: una distanza siderale, sembrerebbe, eppure non è così. Questo appare, in grande sintesi, come il viaggio verso la vecchiaia. Anzi, della longevità. Nello spazio, occupandosi della salute degli astronauti e studiando i processi di “deterioramento” accelerato del corpo, per poi scendere sulla terra, nella vita quotidiana, imparare a muoversi sempre, nelle passeggiate tra i campi, nei boschi, ma anche e soprattutto nel giardino davanti a casa, nel parco del quartiere: il principio è sempre lo stesso, muoversi, per contrastare quel processo che mira a indebolire il corpo che invecchia. Senza paura e angoscia, nella consapevolezza che questo percorso è obbligato, avrà una fine, ma potrebbe trasformarsi in uno dei capitoli più entusiasmanti dell’intera esistenza. Ne è convinto Filippo Ongaro, medico degli astronauti presso l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) dal 2000 al 2007 - ha collaborato con la NASA, l’Agenzia Spaziale Russa e numerosi centri di ricerca europei ed internazionali - ed è stato il primo medico italiano a certificarsi in medicina antiaging negli USA. È proprio grazie a questa esperienza che Ongaro sviluppa una speciale conoscenza della longevità: in particolar modo sulla condizione relativa al processo di invecchiamento accelerato che subiscono gli astronauti e su come rallentarla. E continua a farlo attraverso libri, articoli, incontri, convegni, corsi. Come quello organizzato lo scorso fine settimana a Riccione, “LONGEVITY REVOLUTION”, il primo corso al mondo dedicato alla longevità, patrocinato da A.M.I.A. l’Associazione Italiana Medici Anti-Aging. E come il suo ultimo libro, Missione longevità, edito da Sperling & Kupfer (320 pp., 18,90 euro).

 

 

 

 

Quali sono le connessioni tra longevità e spazio? 
«Esiste una analogia tra le condizioni degli astronauti e l’anzianità: la vita sedentaria che nello spazio subisce una accelerazione, con la perdita della massa muscolare. Non ce ne accorgiamo se non quando sarà troppo tardi. Trascuriamo le nostre condizioni, l’alimentazione e l’allenamento. Siamo sempre in lotta con le mille incombenze quotidiane, ma ci dimentichiamo di essere in sintonia con noi stessi. Ho lavorato anche con l’Esa (Agenzia Spaziale europea) a contatto stretto con tutti gli astronauti, quattro dei quali sono italiani. E con Samantha Cristoforetti. Con cui, in particolare, ho sviluppato un progetto sulla sua alimentazione, giacché lei è molto sensibile al tema della salute e della prevenzione. Cibo sano, dunque, molta verdura, pesce, pochi zuccheri... quel che ci vuole per vivere in un’astronave, ma anche sulla terra». 
Invecchiamo più lentamente, o meglio affrontiamo la possibilità di arrivare ad età sempre più tarde. Ma in quali condizioni? In un mondo in cui si è sollecitati ad essere sempre giovane? 
«Sì, siamo perseguitati dall’ossessione della perfezione. L’uso massiccio dei social ci rimanda immagini di corpi perfetti, che si ottengono con facilità. Non è così. Noi dovremmo diventare modelli di noi stessi, assumendo abitudini sane. Invecchiare è una questione mentale, attraverso uno stile di vita che modellerà il nostro futuro. Diventare vecchi va bene, ma si può evitare di diventare invalidi e di essere autonomi? Non credo che nessuno di noi voglia vivere a lungo ma appunto come un invalido, ridotto ad uno zombie...»

 

 

 


Le sue esperienze costituiscono l’ossatura dei suoi libri; quest’ultimo saggio inizia proprio con il racconto asciutto di come ha affrontato la possibilità di una malattia seria...
«Ho sperimentato come di colpo ti puoi trovare in una condizione ribaltata. E arrivano paura, angoscia. Ci si chiede: perché proprio a me? La verità è che siamo abituati a rimuovere l’idea della malattia e della morte. Quando succede qualcosa di estremo ci mostriamo stupiti, sopraffatti. Oggi a 65 anni si ha, generalmente, un’aspettativa di vita di circa altri vent’anni, metà dei quali, purtroppo, si passeranno a curarsi da malattie e infermità varie. Perché se la mortalità si abbassa, le malattie aumentano. Eppure, si sta creando una sorta di mitologia dell’immortalità. Invece la terza e quarta età potrebbero essere stagioni davvero serene. Ma se non puoi usare le tue gambe per uscire, camminare, come potrai affrontare le tue giornate in pace con te stesso e con gli altri?».
Una rapida ricetta per prepararsi a questo traguardo?
«Serve un mix mentale e fisico. Innanzitutto domandarsi come si vuole invecchiare, come ci si vede “da vecchi”, allenarsi a invecchiare, ad affrontare stress e limiti fisici. Per diventare non semplicemente anziani, ma persone libere, autonome e senza paura». 

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