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Cervello, ecco perché scordiamo nomi e cose: cosa succede davvero

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Melania Rizzoli
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Capita a chiunque ogni giorno di avere piccole lacune di memoria, di non ricordare il nome di una persona, di dimenticare dove si sono messe le chiavi o parcheggiata l'auto, o di perdere il filo di una conversazione, e sebbene tali disturbi memonici tendano a farsi più frequenti con il passare degli anni, tale fenomeno, molto diffuso, non è per forza l'annuncio di una demenza in arrivo. La capacità di ricordare tutto e in qualunque momento viene meno durante i periodi stressanti ed emotivamente coinvolgenti, quando si è in ansia e si dorme poco, quando si è sempre connessi o iper-performanti, quando si è costantemente sollecitati da stimoli e informazioni che impegnino o affatichino l'attenzione, ed è naturale che spesso il cervello smetta di focalizzare situazioni o ricordi non ritenuti importanti o significativi che possono essere messi in pausa. A volte capita di non ricordare anche le cose più semplici o quotidiane, ci si dimentica sempre qualcosa dalla lista della spesa odi richiamare una persona, ed entro certi limiti questi leggeri vuoti di memoria sono da considerarsi normali e sono stati definiti "Doorway Effect", ovvero un effetto soglia che si verifica quando una persona viene distratta da un altro evento o pensiero che si inserisce in quello primario, obbligando la mente a fare un salto o una scelta di priorità.

 

 


Ad interrompere il flusso di pensieri, e di conseguenza determinare questi piccoli vuoti, sarebbe lo stesso meccanismo mentale che si verifica quando si interrompe involontariamente un movimento, di fronte a un ostacolo o ad un nuovo ricordo, anche se resta da capire perché questo accada. I vuoti di memoria sono più frequenti nelle persone affette da diabete, ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari, circolatorie e metaboliche, oltre che da stati emotivi traumatici e da depressione, e non sempre chi soffre di tali disturbi ne ha consapevolezza, mentre è frequente che se ne accorgano i familiari, anche se tali deficit mnemonici hanno mille sfumature e non coinvolgono affatto la sfera cognitiva.


IL LIMITE
Ma allora quando bisogna preoccuparsi e consultare un neurologo? Le malattie neurodegenerative, che implicano la morte a cascata di cellule cerebrali, e colpiscono ogni anno in Italia oltre 250mila soggetti, spesso insorgono con amnesie frequenti, ravvicinate e sempre più importanti, ma queste sono sempre associate a cambiamenti della sfera comportamentale ed affettiva, con deflessioni evidenti delle semplici funzioni, del tono dell'umore, con impoverimento del linguaggio o la difficoltà a risolvere i comuni problemi del quotidiano.
La demenza e le sue molte forme cliniche collegate purtroppo in Italia sono un problema sempre più diffuso, visto anche l'aumento dell'età media della popolazione considerata un fattore di rischio per tali patologie, ma non vanno affatto confuse con le situazioni fisiologiche dei vuoti di memoria transitori che non sono da considerarsi l'inizio di malattie neurologiche, bensì situazioni fisiologiche dovute ai motivi suddescritti. Il declino cognitivo ha sempre una causa patologica, mentre i transitori deficit di memoria spesso dipendono dallo stile di vita frenetico che si conduce, oltre a numerosi altri fattori, di tipo emotivo e psicologico.

 

 


Quando per esempio una preoccupazione o un disturbo d'ansia prende il sopravvento e diventano un fardello pesante da sopportare, ecco comparire durante la giornata diverse piccole amnesie, con un difetto selettivo di fissazione per cose non ritenute importanti o fondamentali, una forma difensiva del cervello che interrompe di colpo il flusso dei pensieri, provocando il vuoto mnemonico transitorio, per riabilitare o ristabilire equilibrio e connessioni nei suoi neuroni sottoposti a stress.


UNO SU TRE
Sono forme cosiddette funzionali, assolutamente comuni e per le quali non bisogna preoccuparsi, essendo presenti in oltre un terzo della popolazione mondiale, e che nulla hanno a che fare con le capacità cognitive, e queste lievi smemoratezze non devono allarmare, poiché, sebbene attribuite a stati emotivi, alla diminuzione di interesse oppure all'età, in realtà nella maggioranza dei casi la reale causa resta sconosciuta, come lo è ancora gran parte della azione e vitalità della sconfinata memoria encefalica. Talvolta l'aspetto vacillante di ricordarsi nomi e cose può essere collegato alle sindromi da fatica cronica, all'intestino irritabile con difficoltà digestive oppure all'assunzione di farmaci contro l'insonnia, contro il dolore fisico, o contro la depressione (le benzodiazepine hanno potenti effetti amnesici), tutti medicinali che rallentano ogni funzione fisiologica e metabolica inclusa quella mnemonica, sintomo che di norma viene superato con la sospensione del farmaco. Per mantenere allenata la mente e conservare una buona riserva cognitiva, per cercare di restare sempre iper concentrati e tenaci nei propri pensieri, bisognerebbe imparare a fare quello che il nostro cervello attua più volte sia di giorno che di notte, e che bene ha descritto il poeta Eugenio Montale, ovvero : "Il primo compito di una buona memoria è saper dimenticare", perché, come accade spesso nella vita quotidiana, fare pulizia di pensieri e ricordi è l'unica terapia utile ed infallibile per ricordare meglio solo quello che si vuole.

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