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Angelo Accardo, cancro e Alzheimer: il genio italiano per cui in Italia non c'è posto. Perché siamo senza futuro

Miriam Romano
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Angelo Accardo ha solo 39 anni e nei Paesi Bassi è già considerato uno dei migliori scienziati. Non per nulla è stato selezionato tra i cinque talenti in Olanda all'evento Leiden European City of Science 2022. Oggi guarda all'Italia e a Roma, dove è nato, come posti in cui prima o poi vorrebbe tornare. Ma malgrado le sue 44 pubblicazioni scientifiche, i riconoscimenti accademici e i progetti internazionali di cui è alla guida, al momento non ci sono posizioni aperte per lui. «Chi fa ricerca ha uno spirito un po' nomade». Ci sintetizza così, tra una battuta e un'altra, il suo percorso di vita. «Sono dieci anni abbondanti che faccio la spola tra città europee per le mie ricerche». Prendi i bagagli, trovi casa, con tutto il carico di studi che hai sulle spalle. Ti fermi per un po', finché le borse di studio non si esauriscono e poi ti ritrasferisci e ricominci. Ma la voglia di scoperta, quella, non svanisce. «Ogni volta che realizziamo qualcosa, che vediamo che quello su cui stavamo studiando funziona, è sempre un "Eureka!"». Dalla sua voce meticolosa, ancora ammorbidita dall'accento romano, si percepisce tutto il gusto della ricerca. «Fare questo lavoro è come un sogno. È un hobby e divertimento. La soddisfazione nel vedere che prima o poi questi studi possano impattare sulle vite delle persone è unica».

 

 

Angelo Accardo è "Assistant Professor" alla TU Delft (Delft University of Technology) dei Paesi Bassi, considerato uno degli istituti di ricerca più prestigiosi dle mondo, e i suoi progetti di ricerca sono finanziati dalla Nwo, l'organismo di finanziamento olandese. Non si parla certo di bazzecole, ma di nuove frontiere della scienza, che passo dopo passo potrebbero portare a sconfiggere malattie oggi incurabili. Dal cancro al cervello all'Alzheimer. Come un fabbro senza arnesi, Angelo, assieme alla sua squadra, ha messo a punto delle strutture tridimensionali che ricreano l'ambiente del cervello, con le sue cellule e le sue geometrie. Delle impalcature in 3d "biocompatibili", in cui coltivare cellule e sperimentare farmaci, senza dover ricorrere a esperimenti sugli animali o sugli esseri umani. Una delle applicazioni è stata finanziata per combattere l'autismo. «L'idea», spiega, «è usare queste strutture 3d per coltivare cellule che provengono da soggetti sani e soggetti affetti da autismo e andare a scoprire le caratteristiche meccaniche di queste cellule per capire dove intervenire con una terapia farmacologica e sconfiggere o attenuare i sintomi dell'autismo.

Oggi sappiamo che le cellule dell'autismo sono molto più piccole delle altre ma non sappiamo il perché». Si tratta di «meccanobiologia», un fronte di ricerca tutto nuovo. E poi in parallelo c'è l'altro progetto, altrettanto ambizioso, che mira a annientare uno dei tumori al cervello più aggressivi e letali, il glioblastoma. «Oggi questa forma di cancro può essere trattata solo con la chirurgia, la chemioterapia o la radioterapia con i raggi x. La chirurgia non può essere sempre utilizzata quando il tumore è localizzato in una parte troppo interna del cervello, la chemioterapia ha effetti collaterali e la radioterapia uccide anche le cellule sane. L'alternativa è protonterapia che utilizza fasce di protoni focalizzate solo sul tumore del cervello. Ma oltre a essere molto più cara e dispendiosa, è più recente: si sa molto di meno dell'interazione tra le cellule del cancro e i protoni e per i costi non è possibile sperimentarla in maniera sistematica su animali e soggetti umani per capire i dosaggi da utilizzare», spiega Accardo.

 

 

Da qui l'idea di utilizzare le sue strutture "imitatrici" del cervello umano. «Uno degli scopi del mio gruppo è utilizzare delle microstrutture in vitro per valutare l'effetto dei protoni sulle cellule cancerose del cervello che crescono in queste strutture 3d. In questo modo possiamo sviluppare uno strumento di calibrazioni per uccidere le cellule senza usare animali o esseri umani, velocizzare il processo ed essere più eticamente sostenibili». E poi all'orizzonte ci sono le sperimentazioni sull'Alzheimer: utilizzare il suo cervello "finto" per capire come mai i neuroni dei malati a un certo punto smettono di connettersi al meglio. E pensare che tutto questo in Italia non ha avuto sbocco.

Angelo Accardo, laureato alla facoltà di Ingegneria Elettronica alla Sapienza di Roma, è partito con la ricerca dall'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova. Ma finito il suo percorso lì, un posto per lui non c'era. Si è candidato nello stesso momento per l'Università olandese e allo stesso tempo per il Cnr, qui in Italia. «È una storia che fa un po' ridere: la risposta dal Cnr, solo per fare l'intervista, mi è arrivata solo dopo che avevo già accettato l'offerta da Assistant Professor in Olanda». 

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